Seleziona una pagina

Le vetrerie sabaude di Chiusa di Pesio

15/08/2024 | I Savoia

di Alessandro Claudio Giordano

Casa Savoia ha sempre cercato l’eccellenza nella lavorazione del legno e del vetro. Questo per il semplice fatto che aspirava ad un confronto con le altre corti europee soprattutto boeme e francesi. Così era del tutto normale riscontrare negli anni a cavallo tra il ‘600 ed 700 la presenza di molti ebanisti e vetrai nelle officine sabaude. La volontà di perseguire quell’obiettivo era tanto forte che ancora nel 1694 Vittorio Amedeo II aveva concesso a Giuseppe Maria Pisani il permesso di aprire la fabbrica dei Vetri di Torino con finanziamenti statali e con l’assunzione di tecnici di Murano, capaci di formare maestranze locali e mettendo in atto allo stesso tempo uno stretto protezionismo nei confronti dei prodotti esteri.

Pisani chiese di trasferire la fabbrica da Palazzolo a Torino, lungo la via Po, vicino alla Confraternita della SS. Annunziata, nell’isolato di Sant’Antonio Abate, e promise di eseguire lavori con l’utilizzo di legname proveniente dai boschi dell’Abbazia di Lucedio poco lontano da Trino. Nel 1704, anche per causa dello scoppio della guerra di successione spagnola, la fabbrica chiuse e riaprì solo nel 1718 con scarsi risultati nonostante fossero stati assunti maestri vetrai di Venezia. La società apparteneva per il 50% alle Regie Finanze e per il resto a soci esterni. L’organizzazione della struttura societaria prevedeva la presenza di un sovrintendente, un direttore e un vicedirettore, nominati direttamente dal re. Vittorio Amedeo III decise di affidare la gestione delle vetrerie a privati, pur mantenendone il controllo. Ma dopo soli cinque anni (1773), venuto a mancare il sostegno delle Regie Finanze, la Società Reale dei Vetri e Cristalli chiuse i battenti e l’attenzione reale si rivolse con maggior interesse alla vetreria di Sales. A causa però delle difficoltà nell’approvvigionamento della legna che era l’unico combustibile disponibile ed il suo alto consumo che ne causava l’incremento dei prezzi, la corte decise che quella non fosse una condizione più tollerabile. Nel 1759 il Governo del Re Carlo Emanuele III di Savoia, decise di trasferire la Regia Fabbrica dei Vetri e Cristalli, dalla sede di Torino a Chiusa Pesio.

 

In quell’anno era terminato il contratto di locazione della fabbrica di vetri di borgo Po, e nelle Regie Lettere Patenti del 23 luglio di quell’anno si precisava che “…l’esercizio della fabbrica dei vetri esistenti in Torino debba d’or innanzi farsi da una società in cui le Regie Finanze vi concorrono per la metà dei fondi sociali e si disponeva il traslocamento di gran parte di detta fabbrica nel luogo della Chiusa”. Il Regio Governo scelse il territorio della Valle Pesio semplicemente perché la quasi totalità dei boschi era di proprietà dei padri della Certosa e con questi fu sottoscritto un contratto di fornitura esclusiva. Inoltre il torrente Pesio divenne indispensabile perchè forniva la forza motrice alle macchine e agli impianti per la molatura dei cristalli e permetteva il trasporto dei tronchi. Per la Casa Sabauda il Priore Bartolomeo Grosso ricoprì un ruolo di prim’ordine durante la prima fase del progetto. Stimato dai proprietari locali, ricevette il compito di acquistare a suo nome gli immobili necessari alla installazione della fabbrica. Furono acquisiti terreni e immobili nei primi anni di attività e vennero create strutture temporanee via via abbandonate con l’avanzamento dei lavori di costruzione. Il complesso edilizio fu terminato solo nel 1769. L’edificio principale era strutturato in questo modo: al piano terreno erano situati i magazzini, una scuderia e i laboratori del fabbro e del falegname, al piano interrato invece si trovavano le macine e ai piani superiori gli alloggi delle maestranze. Le aree di cottura, i casoni (così soprannominati a Chiusa), contenevano uno o più forni circolari, detti all’italiana. Vennero anche costruiti dei forni per essiccare la legna e per la cottura della calcina, oltre ad un forno supplementare adibito allo spianamento delle lastre.

All’interno della fabbrica operavano maestranze straniere, boeme, veneziane, francesi della Savoia ed altaresi. In una Relazione di consultivo del tempo si segnalavano ricevute di pagamento di salari a maestri stranieri per opere non definite per quantità e qualità, e nel periodo dal giugno del 1765 al gennaio 1766 risultano pagate lire1.642 ai seguenti artigiani: Weber, Pugin, Kam, Muller, Bergher padre e figlio, Lechner, Endres, Wolfan, Bouchner, Salg, Passer, Amseim, Fug, e Kurtz. Tra il 1772 e il 1773 alla Chiusa di Pesio erano impiegate maestranze venete specializzate nella realizzazione di “giasse” e specchi, inoltre fra gli altri tipi di prodotti si fabbricavano le lastre da quarti due (cm 36,3×29,9). Nella fabbrica si contavano tre forni per calcina, tre per bottiglie e bicchieri e uno per lastre grandi. Era cura della Casa Sabauda verificare la qualità del prodotto. In un Manifesto del 1759 erano state date disposizioni per dalle Regie Finanze venisse promossa la maggior perfezione dei vetri della fabbrica di Piemonte e la lavorazione ne fosse “….estesa ai cristalli, alle lastre grandi, e bottiglie a foggia di Borgogna, essendo ora stabilite le manifatture non solo alla fabbrica di Po, ma erette alla Chiusa e Intra. Si produrranno vetri d’ogni sorta: lastre di qualunque grandezza, i cristalli e le bottiglie a foggia di Borgogna; il tutto di buona qualità, e si venderanno secondo i prezzi fissati nella tabella appesa stampata e affissa nelle botteghe sotto pena pagamento del doppio del valore dei generi venduti”. Rileggendo i registri di inventario è che nel magazzino di Chiusa nel 1804 vengono conservati i vetri e i cristalli lavorati, le sabbie, i sali minerali e le droghe. Una sezione è dedicata ai cristalli, alle bottiglie, ai vasi di Borgogna e alla bufferia. Tra le materie prime si rintracciano l’uso del potassio, del sale marino, dei rottami di cristallo e vetri, delle ceneri da pulire e pulite, delle sabbie e delle selci. Negli anni successivi alla realizzazione della fabbrica, i lavori furono sempre condizionati dal rifornimento di combustibile, che divenne un problema nel 1777, quando il legname locale cominciò a scarseggiare, anche perchè trasformato in carbone ed utilizzato anche per in altre realtà della zona. Nel 1778 il Comune di Chiusa si fece garante dell’annuale fornitura di legname (pari a 700 brazze di legna di faggio) alle vetrerie, ma solo un anno dopo il problema si ripresentò a causa dell’aumento del prezzo della legna da ardere, che i padri della Certosa fecero salire da lire 2 e 17 soldi a lire 3 e 7 soldi.

Nel 1782 l’Intendente della Provincia di Cuneo, propose addirittura di spostare la fabbrica alla Certosa, sottolineando che avrebbe fruttato il doppio potendosi risparmiare spese. Il problema del combustile si presentava con continuità e tornava all’ordine del giorno in un verbale del 1797, dove si sottolineava le richieste di trecento di faggi alla comunità chiusana ed altre trecento al Monastero della Certosa lamentandone la mancata consegna. Nel 1810 lo Stato cedette sia la proprietà che la gestione dello stabilimento ad una società privata, composta da diversi imprenditori fra cui Giovanni Maria Avena. Nel 1825 Giuseppe Avena, figlio di Giovanni Maria divenne l’unico proprietario.

Sotto la sua gestione la Fabbrica ebbe il periodo di massimo splendore. Alla sua morte, nel 1854, gli eredi dato lo scarseggiare della legna e la scomparsa del monopolio decisero di chiudere definitivamente la fabbrica. Furono demoliti i casoni delle fornaci e parte della fabbrica fu trasformata in parte in una villa dotata di uno splendido parco tuttora esistente cosiddetta “Villa Carolina”. La Regia Fabbrica di Vetri e Cristalli di Chiusa è stata la massima espressione del “sistema fabbrica del Piemonte settecentesco. Fece epoca per organizzazione e diversificazione del prodotto, tutto questo perché spinto dal confronto con le realtà francesi dove erano state istituite le Manifactures Privilégées et Royales. E’ stata anche un esempio per il territorio ed il suo spostamento da Torino a Chiusa motivata dall’enorme disponibilità della vallata, ha rappresento un primo passo lungimirante verso il cambiamento ed una occupazione non più concentrata nei grandi centri. Un passo avanti per una industrializzazione avanzata.

Potrebbero interessarti

Feb 16 2025

Il Forte di Ceva: la prigione dei nemici dei Savoia

di Alessandro Claudio Giordano

Gen 03 2025

I gioielli della Corona

di Alessandro Claudio Giordano

Ago 22 2024

I Servizi Segreti ed il plebiscito che unì l’Italia

di Alessandro Claudio Giordano

Ago 19 2024

La BelaRusin

di Alessandro Claudio Giordano

Ago 19 2024

Le concubine ed i re

di Alessandro Claudio Giordano

Ago 18 2024

Carrozze, cavalli e nobiltà

Alessandro Claudio Giordano