A volte nell’ombra, altre sulla ribalta della corte, le donne di casa Savoia sono state spesso criticate, ammirate, invidiate. Le loro passioni erano sulla bocca di tutti, ma queste donne, colte, provenienti spesso da paesi lontani, costrette per ragion di stato a sposare uomini per i quali non provavano simpatia né attrazione, hanno fatto le epoche, precorso i tempi, costruito palazzi e ospedali, insomma… hanno fatto la storia.
Loro così come “le altre”, diremmo le concubine, le amanti di corte che hanno paradossalmente condizionato negli anni decisioni importanti. Diremmo che le cronache ne ricordano molte, cortigiane, noi un paio che in epoche differenti condizionarono gli eventi travolgendo l’intera corte: Eugenia Attendolo Bolognini Litta e Rosa Vercellana. Due donne forti che seppero dare scacco alla corte sabauda.
la Bela Rosin
La relazione con la bella Rosina era cominciata durante una giornata di caccia. Il principe aveva l’ abitudine di frequentare trattorie e di intrattenersi affabilmente con tutti, così come non si sottraeva alle dolci compagnie. Quando incontrò nelle campagne poco lontano da Racconigi Rosa, “la Bela Rosin”, nulla faceva supporre che quella sarebbe stata una storia duratura… tranne il fatto che gli incontri si ripeterono in continuità. E dopo qualche tempo la famiglia di lei sollecitò al re un contributo, affinché la ragazza potesse rifarsi una vita sposando un sergente dell’ esercito , inaspettatamente Vittorio Emanuele reagì, l’aspirante promesso sposo venne mandato in Sardegna, e Rosina sistemata a Moncalieri, non lontano da Torino dove Rosa affinò bon ton ed educazione proprio per poter un giorno affrontare la corte. Rosa a Moncalieri arrivò scortata da tutto il parentado. Tutti parati a festa, a teatro come al passeggio del Valentino, il gruppo pinerolese era ben assortito. Il Re reagì ed il clan dell’amante ridimensionato. Nonostante questo Rosina riuscí a piazzare a corte un cugino, Natale Aghemo, che divenne conte e addirittura capo di gabinetto del re.In tutto questo bailame l’unica che non perdette mai la misura fu la stessa Regina che a costo di pagar con la reputazione questo situazione tanto paradossale, tacque per come diremmo oggi “ ragioni di stato” salvando corona e matrimonio.
La scomparsa della Regina nel 1855 mise in crisi il ménage di Vittorio e di Rosina. Un Re addolorato per la scomparsa della moglie , che aveva svolto il suo ruolo istituzionale da vera Asburgo , senza mai ostacolare la politica e al buon nome del marito , che ora si trovava vedovo con i sei figli, e ministri che cercavano di procurargli un nuovo matrimonio politico dinastico. In momento successivo i sovrani di mezza Europa si mostravano interessati a imparentarsi col re di quel piccolo stato. Napoleone III, voleva dare in moglie a Vittorio Emanuele II una principessa dei belgi, altri la vedova del suo stesso fratello Ferdinando , Elisabetta di Sassonia, anche la regina d’Inghilterra , che aveva invitato Vittorio Emanuele a Windsor per insignirlo dell’ordine della Giarrettiera, pur avendo espresso privatamente alcune riserve sul personaggio , avanzò la candidatura di sua figlia Mary. Malgrado i vantaggi che potevano derivargli da tali prestigiose alleanze dinastiche, Vittorio Emanuele si mostrò insensibile e resistette a tutte le lusinghe. Al fine Vittorio scelse Rosina. Potrebbero far sorridere le ragioni di questa scelta, ma sono le più semplici.
Già perché Rosina cucinava per lui i cibi tradizionali della cucina piemontese , gli tagliava le unghie dei piedi, come tradizione nelle campagne , lo trattava con l’ affetto e la deferenza delle mogli borghesi dell’ epoca. Mantenendo un livello poco rintracciabile Rosina acquisì la contea di Mirafiori e Fontanafredda , titolo che poi trasmise ai due figli , Vittoria (1850-1919) ed Emanuele Alberto (1851-94). Nel 1869 ecco la svolta matrimoniale. In dicembre a S. Rossore ,il re ebbe una brutta polmonite.
Così quando i medici lo dettero per spacciato si risolse a quel matrimonio religioso cui anche il parroco di Mirafiori lavorava da tempo. La notte del 18 , alla presenza del principe ereditario, del principe di Carignano , del primo ministro Menabrea e di pochi intimi il re si risposò. Quella notte Vittorio Emanuele ebbe due sacramenti, matrimonio e olio santo, quest’ultimo decisamente in anticipo , visto che l’anno seguente , il fatale 1870 di Porta Pia, egli entrò in Roma capitale dell’Italia unita. Il matrimonio fu morganatico, il che comportava la non ereditarietà, né delle proprietà , né , tantomeno , dei titoli. Poco importava Rosina aveva raggiunto l’apice, soddisfatto le velleità coltivate dopo aver conosciuto il Re. Era una donna dinamica e seppur non così costruita culturalmente seppe muoversi con attenzione in un ambiente che non le risparmiò ostilità. Morì a Pisa nell’ 85 , in casa della figlia marchesa Spínola Grimaldi , fu sepolta a Mirafiori come una regina , con tanto di mausoleo a forma di piccolo Pantheon, quello vero Pantheon le fu sempre negato dalla Corona. Altra donna di grandi capacità che seppe muoversi alla corte sabauda con certa scaltrezza fu Eugenia Attendolo Bolognini Litta, l’amante di Umberto I. Il Re la conobbe ad una festa di Carnevale nel 1862, organizzata dal governatore Giuseppe Pasolini. la duchessa Litta entra a mezzanotte coperta da trasparenti veli e bianchissimi fiocchi di neve con altre nobili, su slitte di colore bianco e oro. Umberto ne rimane folgorato, partecipa a tutti i balli per rivederla, Eugenia si rese conto subito dell’attrazione del principe per lei, da donna elegante, spiritosa, esuberante, sensuale, e civetta qual’era ci mette poco a farlo cadere tra le sue braccia. I due si incontrano di frequente a casa della madre di Eugenia
Eugenia
La relazione diventata nota ai più scandalizzò l’aristocrazia milanese. Da casa Savoia nessun commento. Il tutto venne gestito in un appropriato silenzio. La Regina Margherita nonostante tutto volle preservare l’integrità della Corona. Così declinò anche dopo aver scoperto l’intrigo ogni voglia di vendetta e strinse un patto più o meno tacito con il marito. Verrà minimizzata qualsiasi situazione più o meno compromettente, i rapporti anche dopo la nascita. Nel 1870 Eugenia dide alla luce il suo secondo figlio Alfonso frutto della relazione con re Umberto, che il duca Litta riconobbe. L’anno dopo Umberto cessò la relazione, regalando ad Eugenia un palazzo. Il distacco fù però limitato nel tempo ed aiutato dalle continue relazioni di Umberto con cortigiane ed amanti come con Vincenza Santa Fiore. Umberto non riuscì a chiudere definitivamente con Eugenia. Nel 1878 Umberto si trasferì a Roma, dove Eugenia aveva comprato un villino sull’Esquilino come appoggio alle sue visite a Roma. Margherita e Eugenia si incontrarono molto poco ed una volta tra l’imbarazzo generale si accorsero di avere al collo la stessa collana di perle, cadeau, diremmo poco originale, di Umberto. si accorgono di avere al collo le stesse collane di perle, regali di Umberto. Margherita era più giovane di quattordici della rivale.
I contrasti tra Margherita ed Eugenia ebbero comunque una radice anche politica, se Margherita apprezzava Crispi, Eugenia lo detesta preferendogli Urbano Rattazzi, al quale Margherita in seguito lo ostacolò facendo bocciare a più riprese le sue candidature politiche. Nel 1900 Umberto morì assassinato. Margherita con un atto di clemenza acconsentì ad Eugenia di salutare per l’ultima volta la salma di Umberto. Non partecipò ai funerali di stato rimanendo chiusa nella sua villa di Vedano. Umberto lasciò ad Eugenia venti milioni. Visse sempre più nell’ombra sino sua morte avvenuta il 6 aprile 1914.
Eugenia dedicò anni alla filantropia ed agli aiuti, con le sue donazioni venne costruito il primo padiglione del nuovo policlinico dell’Ospedale Maggiore di Milano. Rosa, detta la Bela Rosin, ed Eugenia erano certamente donne di differente origine ma di ugual piglio. Attente in tempi differenti a farsi apprezzare dalla corte sabauda. In questo e solo in parte ci riuscì Rosa. Le due tennero in scacco la famiglia sabauda, ridimensionando le figure importanti come principi e re condividendone la fragile quotidianità.