Lo studio dei giochi si basa, da sempre, su due ottiche: le regole (il come si gioca) e la storia (potremmo dire cosa succede). Tutti i giochi hanno una storia, che emerge nel suo svolgimento.
In Hamlet and the Holodeck Janet Murray sostiene che i giochi raccontano sempre storie. Il racconto di taluni giochi riguarda solamente il vincere o il perdere; altri sono storie vere.
Quindi, in un gioco dove è rilevante il vincere o il perdere come una partita a Risiko potremmo avere, ad esempio, Paolo che attacca la Kamchatka con due carrarmatini e Gianni che la difende. Paolo getta i due dadi da sei facendo “due uno” ed è catastrofe e lui perde i carrarmatini.
Nel gioco di ruolo c’è una narrazione? Si. Dal momento in cui si crea il personaggio vengono fissati i punteggi di caratteristica, si effettua l’attribuzione di una classe (da intendere come ruolo da assolvere), si identificano le abilità. Ma nello stesso tempo si dà vita a un racconto che riguarda ciò che succede nelle diverse sessioni di gioco e l’esplorazione.
Quando il gioco si basa su un’opera letteraria o una serie televisiva si deve accettare che le regole vengano di fatto prestabilite dai relativi autori, e tradotte in regole e meccanismi di gioco che permettono di dar vita a storie molto complesse e azioni dense di significato.
Ci piace definire la narrazione di un gioco di ruolo, seguendo Cybersociety, dove MARY FULLER AND HENRY JENKINS (1995) la descrivono come «una sorta di diario che documenta un lungo e difficile viaggio verso una nuova terra, dove il viaggiatore deve superare difficoltà per tornare a casa trionfante» tenendo ben presente che nei giochi di ruolo si svolgono azioni di gioco che hanno una durata e presuppongono, come detto nel primo articolo, una storia preesistente.
La narrazione definisce gli obiettivi e i conflitti che guidano i comportamenti dei personaggi di gioco; a livello più «locale» propone eventi che punteggiano l’esperienza di gioco sicché progredendo il giocatore apprende tutti quegli elementi di narrazione e contesto che arricchiscono il mondo di gioco informando il giocatore.
Il giocatore diventa il personaggio del gioco tanto quanto un attore, in scena, diventa Amleto. Questo perché il giocatore genera gli eventi di gioco che si sviluppano in base alle azioni del giocatore.
Satu Heliö in Role-Playing: A Narrative Experience and a Mindset sostiene che non c’è una vera e propria storia all’interno di un gioco di ruolo quanto piuttosto strutture parzialmente aperte, vincolate alle regole del gioco, che offrono premesse narrative consentono di crearne di nuove e autentiche. Tuttavia, l’attenta strutturazione del gioco e la volontà di creare un’esperienza narrativa per i giocatori, rendono interessante il gioco di ruolo. Fanno emergere – stiamo riassumendo alcuni passaggi dell’articolo citato – che tutti tendiamo a interpretare sequenze di eventi come storie e raccontarne gli aspetti più rilevanti.
Pertanto: il gioco di ruolo è un gioco che ha fortissime aspirazioni narrative, che implicano raccontare eventi e comunicare “storie”. Questo è possibile grazie a strutture interne al gioco che supportano la narrazione al punto che in Vampire The Masquerade il game master è denominato “narratore”. Satu Heliö continua sottolineando che tale narrazione viene fatta dal punto di vista del personaggio e rimarca che l’esplorazione e il combattimento sono temi presenti nell’epica così come nel cinema e nella serialità televisiva.
Ci sembra rilevante l’analisi che JOHN KIM ha svolto con riferimento al gioco di ruolo da tavolo. Egli ha individuato una sorta di «contratto» stipulato tra i partecipanti al gioco, con il quale sono definite le meccaniche, le ambientazioni, il comportamento atteso dai personaggi, i comportamenti ammessi, le modalità di risoluzione dei conflitti e così via. È pervenuto così a uno schema basato su tre possibili stili di gioco:
- STILE DRAMMATURGICO: attribuisce il massimo valore al modo come l’azione di gioco crea una storia soddisfacente; il giocatore fa emergere le emozioni e le intenzioni del personaggio ed è nello stesso tempo spettatore dell’esibizione attoriale degli altri giocatori;
- STILE LEGATO AL GIOCO: in questo caso, il giocatore attribuisce il massimo valore al gioco in sé, e vuole che tale gioco sia equo nei confronti dei partecipanti, pertanto, a seconda della storia e dell’ambientazione, devono essere presenti sfide basate sul combattimento, sulla risoluzione di misteri, su dinamiche politiche o altro. Il master deve rendere tali sfide risolvibili a patto che i giocatori agiscano in modo intelligente all’interno delle regole del «contratto»;
- STILE LEGATO ALLA SIMULAZIONE: considera che gli eventi di gioco devono essere risolti esclusivamente in base alla situazione di gioco.