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Cara maestra…di Luigi Tenco

3/01/2025 | Cantami una canzone '60

di Alessandro Claudio Giordano

Una canzone poco conosciuta rispetto ai grandi successi di Tenco. Ma vera, di protesta e fuori dagli schemi dell’epoca, che volevano i più omologati al sistema. Il titolo non tragga in inganno perché il brano che è vestito come una lettera  rivolta a una generica “maestra”, probabilmente la stessa che l’autore aveva avuto come insegnante, è un’analisi fatta con gli occhi di un ragazzino che si declina parlando anche del curato e del sindaco. Tenco si serve di queste figure per portare l’esempio di come alcune consuetudini socialmente accettate e addirittura incoraggiate siano frutto di un profondo senso di disuguaglianza sociale.

Cara maestra, un giorno m’insegnavi/Che a questo mondo noi, noi siamo tutti uguali;

ma quando entrava in classe il direttore/tu ci facevi alzare tutti in piedi,

e quando entrava in classe il bidello/ci permettevi di stare seduti.

il direttore è visto come un’autorità perfino dalla maestra, che insegna ai suoi alunni ad alzarsi in piedi come segno di rispetto quando si trovano in sua presenza. Contrariamente, il bidello, considerato un ruolo di livello inferiore rispetto al direttore e alla maestra nella gerarchia scolastica, non meriterebbe simili attenzioni.

Mio buon curato, dicevi che la chiesa /è la casa dei poveri, della povera gente;

però hai rivestito la tua chiesa/di tende d’oro e marmi colorati;

come può adesso un povero che entra/sentirsi come fosse a casa sua?

Questo curato probabilmente durante le proprie omelie, professa la sua devozione nei confronti dei poveri e di chi si trova in ristrettezze economiche. L’altare dal quale parla però è ricoperto di ricchezze ed i poveri che entrano in chiesa per trovare conforto non riescono a sentirsi come se fossero a casa loro.

Egregio sindaco, m’hanno detto che un giorno/tu gridavi alla gente: vincere o morire!

Ora vorrei sapere come mai/vinto non hai eppure non sei morto,

e al posto tuo è morta tanta gente/che non voleva né vincere, né morire.

Tenco qui si fa duro. In gioco non ci sono solo delle convenzioni sociali, ma c’è anche una sorta di abuso di potere che porta coloro che sanno di avere un forte ascendente sul prossimo a sfruttare questo vantaggio senza curarsi dei risultati e delle conseguenze negative a cui il loro comportamento potrebbe portare. In definitiva questa è una canzone denuncia delicata ed intensa perché scritta con le intenzioni di un illuso ragazzino che capisce crescendo cosa non funziona in un mondo che gli avevano raccontato perfetto o…..quasi.

 

 

 

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