La passione per la montagna e per la bici: le spedizioni attorno al mondo legate ad un fil rouge che lega il sogno, la meta, i sentimenti e la passione per l’inesplorato e dove il benessere interiore è un aspetto per nulla marginale seppure comporti spesso sacrificio. Di questo ho parlato con Sebastiano “Seba” Audisio, un demontino, che periodicamente si impegna in spedizioni difficili ed affascinanti al tempo. Scalando, camminando e pedalando in giro per il mondo. Ecco la sua testimonianza raccolta in questa intervista.
D.- Da cosa nasce la tua passione per la montagna?
R. – La mia passione? Semplicemente dalla montagna. Io prima di fare l’infermiere lavoravo in montagna e facevo il boscaiolo. Quindi ho utilizzato l’ambiente che conoscevo di più per svolgere le mie prime avventure ed oltre a questo, e non mi ritengo una persona coraggiosissima, ho usato proprio le cose che mi venivano meglio, quindi la camminata, l’arrampicata e lo scialpinismo. A questo ho aggiunto la bici perché mi piace e mi piaceva Questo connubio tra montagne e bici che è anche amore mi ha spinto ad andarmele a cercare in bicicletta in giro per il mondo.
D. – Come hai conciliato la tua passione con la tua quotidianità?
R. – La mia quotidianità è legata al lavoro, sono infermiere da vent’otto anni ormai. Poi il maestro di sci e la bici. Seguo un progetto legato alla montagna terapia, che mi interessa molto. Il 30 di ottobre inaugureremo il primo campo base urbano di montagna terapia. Abbiamo montato una yurta con tanto di luce a Cuneo al parco la Pinetina in via vecchia di Borgo San Dalmazzo, angolo via Riberi, offriremo castagne…un modo per socializzare. Ci saranno le autorità e credo sarà occasione per una bella festa. Le mie “spedizioni” richiedono tempo anche per organizzazione e logistica. Così io lavoro e accumulo ferie e permessi tanto da poter spostare l’attenzione sui viaggi che richiedono tempo a me per prepararmi e tempo per la logistica e l’organizzazione. In genere si parte da un punto individuato sul mappamondo o su una cartina. Di lì si snoda un fil rouge. Si tesse una tela di contatti, si legge e si approfondiscono i temi, i passaggi. E si contattano amici o conoscenti che hanno visitato la zona o l’hanno conosciuta. Ci si prepara.
D. – Cosa c’è nel tuo zaino e come si prepara una spedizione?
R. – La preparazione dello “zaino” deve recuperare tutti i dettagli del viaggio. Il materiale che accompagna la spedizione ci segue e lo troviamo sul posto. Per affrontare una spedizione in bici “diremmo di bagaglio” abbiamo una piccola tendina, un fornellino e tutto quello che ti può servire per poter campeggiare, per stare in zone isolate per affrontare la quotidianità.
D. – Raccontami dei viaggi ‘ciclo-alpinistici’: via della Seta attraverso quattro stati dell’Asia: Pakistan, Tajikistan, Cina e Afghanistan e poi Alaska ed ancora le Ande. Hai un ricordo particolare?
R. – Da un punto di vista tecnico ciascuna delle spedizioni racconta una storia a se. In Asia ad esempio la difficoltà tecnica è maggiore perché ci si spinge verso le grandi catene delle montagne dell’Himalaya, verso il Nepal così aree per lo più impervie che richiedono di essere autonomi su tutto. Le mie prime esperienze sono state comunque nel continente africano, lì le grandi montagne non esistono, ma il viaggio in bicicletta rappresenta veramente un’avventura unica perché ti accompagna il caldo, ci si ferma nei piccoli villaggi non sempre serviti da collegamenti facili o comodità, ti spinge a vivere l’avventura. Poi il Sudamerica che è un posto eccezionale e si presta alle grandi traversate accompagnandoti con panorami da fotografia e le grandi montagne. La mia ultima avventura è dello scorso novembre a dicembre tra Bolivia, Cile ed Argentina e con la scalata dell’Aconcagua, un’esperienza fantastica.
D. – Hai un ricordo che ti porti nel cuore?
R. – Spesso chi partecipa alle mie serate mi chiede quale sia stata la spedizione più interessante o quella che mi è piaciuta di più. Ciascuna ti lascia dentro un qualcosa, un’esperienza che aiuta la successiva spedizione, o un ricordo, oppure un passaggio insperato, non preventivato. Ad esempio quando ero nel Nord dell’India: con degli amici francesi ho fatto una traversata incredibile in bicicletta nelle strade più alte al mondo. Soprattutto però tramite uno di questi, siamo riusciti a prendere un visto nella zona di confine col Pakistan direttamente dal ministero dell’Interno indiano. Quella è una zona di grandi tensioni tra i due paesi. Un’area che comprende le cime Kong Kumdam la 1, la 2 e la 3. La prima era stata scalata dagli americani e la terza dagli inglesi. Del Kong Kundum 2 mancava una traccia topografica e non c’erano relazioni. Dopo una scalata, non la classica partendo dal basso verso l’alto, ma attraversando con corde fisse un ghiacciaio e scalando, abbiamo raggiunto per primi i 7004 metri della cima. Il Grande Spirito ci ha consentito, mi ha concesso questo grande privilegio di mettere per primo il piede sulla cima. Ecco questa è stata una grande emozione e tanto onore….
D.- Le tue avventure sono diventate anche libri….
R. – Diciamo che il mio progetto è nato come “Caravanserrai”. Un modo per dare traccia a tutte le esperienze fatte dal 2008 passando per il 2016 ed altre spedizioni. Per quanto riguarda i libri, si ce ne è stato uno fotografico molto bello “Llmounla dalle terre occitane all’est Karakorum.” che riflette proprio questa spedizione, particolare per la sua storia perché nasce da una collaborazione con Espaci Ocitan. Un accordo per cui io fornivo il materiale fotografico ed il mio diario scritto durante la spedizione e loro lo traducevano in occitano, così da avere piccoli paragrafi in due lingue .Il libro è edito da Prima Alpe ha avuto un gran successo.
D. – Oggi la montagna è dimenticata? E potremmo rilanciarla?
R. – No, non direi sia dimenticata e la gente visitando spesso in questi ultimi venti o trent’anni lo dimostra. La montagna è molto bella quando ci vai, ma ritorni la sera in città. Viverla tutto l’anno, purtroppo, per questioni politiche, di organizzazione è più difficile.
D. – Hai progetti per il futuro?
R. – Si ne ho, come sempre. Si parte da un idea e poi piano piano si costruisce il progetto. Preferisco però non parlarne almeno per il momento.