Nel 1943 l’Italia si ritrovò a canticchiare un simpatico motivetto, Il tamburo della banda d’Affori, che, a causa del testo scritto da Mario Panzeri e Nino Rastelli venne messo sotto accusa dal regime fascista. in particolare per i versi in cui si parla del tamburo principale della banda d’Affori,/ che comanda cinquecentocinquanta pifferi.
Questo perchè i componenti della Camera dei fasci e delle corporazioni erano proprio cinquecentocinquanta…ed il tamburo principale sembrò un’allusione a Mussolini. Uno che “confonde il Rigoletto con la Semiramide” e davanti al quale i tosanell (le “ragazzine”, ovvero gli italiani…) diventano timide… Intanto, la canzone diventa notissima e in Toscana, visto che i toscani se ne erano accorti prima del censore, se ne canta una variante dove si dice ”…che comanda cinquecentocinquanta bischeri”.
La prima versione datata 1943 venne scritta in dialetto milanese; la prima incisione fu bloccata dalla colpi della censura fascista. Quella in lingua italiana (diversa da quella milanese) venne pubblicata nel disco CETRA DC4187 dell’Orchestra della Canzone Italiana diretta dal maestro Cinico Angelini, e interpretata in trio da Aldo Donà, Dea Garbaccio e Nella Colombo. La Banda d’Affori esiste davvero e questo sin dal lontano 1853 quando un piccolo gruppo di appassionati di musica popolare si riunì per dare vita ad un Corpo Bandistico che fu denominato “Società Filarmonica”.
Inizialmente la banda era composta da ventisette elementi più un fattorino. Sarebbe riduttivo dare il merito della celebrità della banda alla canzone perché questo gruppo negli anni si esibì in molte realtà della Lombardia e Svizzera creando addirittura una scuola di musica. Le divise frutto di auto finanziamento erano costate una somma complessiva di Lire 2.133,40. Dai libri contabili della Banda si rileva che negli anni proventi, mai cospicui, avevano fatto nel settembre 1904 135 Lire per un concerto a Lugano e nel 1906 Lire 100 per due concerti all’Arena di Milano.
Nel giugno 1945, immediatamente dopo la fine della guerra si sono riunirono una decina di Soci per dare nuovo impulso per la ricostruzione della Banda. L’allora Presidente Agostino Castelletti si impegnò molto per ricostruire la Banda che allora si chiamava soltanto “G. Donizetti”, per procurare divisa e strumenti
. Fu in quel periodo che il musicista Ravasini, compositore fecondo di canzoni come “Avanti e lndrè”.”Un po’ di luna”, ecc. scrisse la famosa canzone il “Tamburo della Banda d’Affori”, canzone che ebbe grande successo in tutto il mondo. Fu così che dopo il nome di “Gaetano Donizetti” fu aggiunto anche quello di “Banda d’Affori”. Nel novembre 1955 con lettera autografa S.E. l’Arcivescovo di Milano G.B. Montini, poi divenuto S.S. Paolo VI, con vive parole di compiacimento per l’attività della Banda inviava un suo contributo personale di £ 20.000 .Nel 2003 il Comune di Milano ha conferito la massima onorificenza cittadina, l’Ambrogino d’oro, alla banda d’Affori per il suo impegno nella divulgazione della musica a Milano. Una Banda musicale che ebbe grande risonanza mediatica ma che ha dalla sua solide basi su cui continuare nei suoi progetti di difesa e divulgazione musicale.