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Piccolo uomo

3/01/2025 | Cantami una canzone '70

di Alessandro Claudio Giordano

Due mani fredde nelle tue/Bianche colombe dell’addio
Che giorno triste questo mio/Se oggi tu ti liberi di me
Di me che sono tanto fragile/E senza te mi perderò

Piccolo uomo, non mandarmi via/Io piccola donna morirei
È l’ultima occasione per vivere/Vedrai che non la perderò, e no

“Piccolo uomo” è uno dei brani fondamentali della discografia di Mia Martini ed è anche il brano che rappresenta il vero primo grande successo commerciale dell’artista. Infatti, nel 1972, quando viene inciso il brano nel suo secondo album “Nel mondo, una cosa”. All’epoca Mimì veniva da un primo approccio con la musica e con l’ambiente discografico e portava dietro dubbi e disagi per una realtà che non aveva compreso bene. In estrema sintesi il testo rappresenta una ricerca di perdono da parte di una donna fragile che non immagina un futuro senza quell’uomo intenzionato a lasciarla. La protagonista, quindi, consapevole di essere in difetto chiede all’uomo di non abbandonarla ad un destino incerto vorrebbe da questi un’ultima occasione per ricostruire un rapporto che per lei rappresenta la vita. La donna è spaventata dai silenzi che riempiono questa fase complicata del loro rapporto sentimentale ad un passo dal definitivo addio e, auto rimproverandosi, prega quel “piccolo uomo” a non precludere la determinata volontà di quella “piccola donna” a vivere la propria vita il cui esito appare fortemente legato al prosieguo del loro rapporto affettivo. La canzone è bellissima.

E’ stata scritta da uomini, Lauzi e La Bionda, che danno una lettura insolita del rapporto tra due persone. Così prevale il come gli uomini vorrebbero essere visti e considerati dalle donne. Non sono parole di una donna per gli uomini, ma il sogno maschile di un amore immaginato, immaginario e impossibile. Ma Mimi visse una vita tormentata. Negli anni ’70, mentre diventava un nome sempre più celebre nel panorama musicale italiano, iniziarono a circolare delle ignobili dicerie sul suo conto. Tutto ebbe inizio quando Mimì pestò i piedi alla persona sbagliata. Un impresario fiutò il talento di quella ventitreenne venuta dalla Calabria e pensò di approfittarne. Le propose un contratto che la legava in esclusiva a lui per sempre.

La Martini ci mise poco a fiutare l’inganno e lo liquidò senza tanti giri di parole. Fu l’inizio dell’incubo che perseguitò Mimì fino all’ultimo respiro. In un’intervista rilasciata a Epoca nel 1989, la Martini raccontò: “Tutto è cominciato nel 1970, cominciavo ad avere i miei primi successi. Un impresario mi propose un’esclusiva a vita. Era un tipo assolutamente inaffidabile e rifiutai. E dopo qualche giorno, di ritorno da un concerto in Sicilia, il pulmino su cui viaggiavo con il mio gruppo fu coinvolto in un incidente. Due ragazzi persero la vita e quell’impresario ne approfittò subito per appiccicarmi l’etichetta di ‘porta jella’”. Mimi ebbe nonostante tutto grandi successi. Impossibile citarli tutti. Vanno però ricordati oltre a ‘Piccolo uomo’ ‘Almeno tu nell’universo‘, ‘E non finisce mica il cielo’, ‘La nevicata del ’56’, ‘Minuetto’, ‘Gli uomini non cambiano‘, ‘Padre davvero’, ‘Inno’, ‘Amore, amore un corno’, ‘Stiamo come stiamo’ e con Roberto Murolo la canzone ‘Cu’mme’. A differenza di altre cantanti le sue erano musiche premiate dalla critica. Un talento innato per la canzone, un cammino impervio per la carriera con l’intrecciarsi di rapporti esaustivi ed a volte paradossali come con Fossati ed una scelta univoca di far strada da sola. Un rapporto a volte combattuto anche con la sorella e poi condiviso. Ed una fine triste, un suicidio mai compreso sino in fondo nella solitudine più assoluta. Resta il rammarico per una vita perduta e per una persona che in vita non è mai stata valorizzata come avrebbero dovuto.

 

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