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Fabio Casotto: una difficile e coraggiosa scelta di vita

2/01/2025 | A tu per tu

di Alessandro Claudio Giordano

Ci sono spesso scelte che siamo chiamati a fare senza voltarci indietro investendo le prerogative su cui ci muovevamo prima, e che cambiano definitivamente il nostro futuro. È il caso di Fabio Casotto, un passato da promessa del ciclismo, ordinato prete nel 2017 quando aveva ventinove anni, dimesso a marzo 2024 e scomunicato a luglio. L’ho incontrato e con lui ho affrontato il tema del suo allontanamento dalla vita presbiterale, facendo il punto sulle motivazioni che lo hanno spinto dalla vocazione, all’ordinazione sino ad assumere una posizione critica nei confronti del magistero per poi allontanarsene definitivamente.

D. – Si comunica che Fabio Casotto, ordinato presbitero della Chiesa di Padova il 4 giugno 2017, ha chiesto e ottenuto dal Santo Padre la dimissione dallo stato clericale e la dispensa dalla legge del celibato, che sono state comunicate all’interessato lunedì 29 luglio 2024. Recita così l’atto di scomunica che ti è stato recapitato ormai quasi cinque mesi fa. Quali sensazioni hai provato nel riceverlo?
R. – Inizialmente sono stato dispiaciuto ed amareggiato però questi sentimenti nel giro di qualche giorno sono sfumati perché hanno lasciato il passo alla consapevolezza che canonicamente era del tutto lecito e legittimo procedere così; motivo per cui, curiosamente, oggi mi trovo a difendere le ragioni canoniche della Chiesa cattolica a coloro i quali sono rimasti perplessi o addirittura basiti di quell’atto d’ufficio. Nell’immaginario, infatti, la scomunica è un atto punitivo per qualcosa di grave; in realtà, invece, è semplicemente la dichiarazione che non si è più in comunione col magistero. E siccome lungo questi anni ho maturato idee che si discostano dal catechismo mi sono sentito in dovere di comunicarlo pubblicamente e accettarne le conseguenze

. D . – La convivenza tra le tue idee e la Chiesa era diventata una salita impossibile da sostenere?
R. – Esattamente: dicevo una cosa e ne pensavo un’altra. E siccome la mia missione non è fare l’attore ma evangelizzare non potevo più accettare una divisione interiore. Dovevo ritrovare unità tra il mio fare ed il mio dire per un benessere prima di tutto psicofisico e, di conseguenza, spirituale.

D. – Lasciare l’abito a tuo avviso è più una rinuncia oppure un’opportunità?
R. – Direi entrambe perché uscire da una stanza preclude l’accesso a ciò che c’è dentro ma apre all’opportunità di quello che c’è in altre.

D. – Oggi se dovessi rivivere il tuo percorso, cambieresti qualcosa che in qualche modo ha condizionato la tua scelta finale?
R. – No. Credo che in questo breve viaggio che è la vita ci sia una cosa che dovremmo evitare e cioè avere rimpianti. Io ho fatto tutto quello in cui credevo fino ad ora e continuo a farlo, nonostante tutto e tutti, perché alla fine chi deve guardarsi allo specchio al mattino sono io.

D.- La Chiesa di oggi è a parer tuo fuori dalla quotidianità o riesce ancora ad interpretare le esigenze della gente?
R. – Sarò controcorrente ma propendo per la prima ipotesi. Mi spiego: la Chiesa cattolica latina – perché ricordo che esiste un’altra Chiesa cattolica ovvero quella orientale – è così radicata nella quotidianità delle persone che nonostante in molti la critichino poi la maggioranza di questi si sposa in chiesa, battezza i figli, li porta a catechismo e fa pure loro frequentare l’IRC (insegnamento religione cattolica) a scuola.
Con altre parole: così come la parola cultura include il termine culto, analogamente la quotidianità degli italiani è intrisa di gesti e ritualità cattolicamente connotate. Si pensi solo agli auguri di buon Natale: persino gli atei li fanno ad altri atei. È assurdo, logicamente parlando, ma socialmente parlando no perché si fa brutta figura a non farli, come a non dire ‘salute’ a chi starnutisce. In modi simili, dunque, la Chiesa di oggi continua a far parte della quotidianità delle persone. In modo sempre più vuoto, certo, ma ancora strutturale e, come tale, significativo anche per chi credente non è.

D. – Oggi la tua esperienza, seppur breve, nel contesto clericale, ti aiuta nella tua nuova esperienza?
R. – Si, molto. Motivo per cui mi sento di essere grato alla Chiesa cattolica. Mi aiuto con una immagine: un germoglio per crescere ha bisogno di un vaso che lo protegga e lo custodisca. Così è stato per me: la Chiesa latina che è in Padova mi ha aiutato a crescere umanamente e spiritualmente secondo quanto meglio riteneva come fa ogni madre coi propri figli. Ora: succede che i figli valutino l’insegnamento dei genitori obsoleto e vadano oltre ma ciò non toglie che senza di esso non sarebbero ciò che sono. Così è per me. Per questo rimango grato anche se ho preso altre strade.

D. – Cosa farai ed il tuo impegno prosegue attivo nel sociale?
R. – Cosa farò è attualmente un rebus: a breve conseguirà la terza laurea in psicobiologia e mi diplomerò come sommelier. Ho un diploma in ragioneria, sono un grigliatore provetto, sono uno sportivo e sono vocato per il management, tuttavia, non ho ancora una destinazione precisa. Sto alla finestra e osservo cosa si profila all’orizzonte mentre termino gli studi.
Per quanto concerne il mio impegno nel sociale attualmente si è ridotto ad essere rappresentante di corso degli studenti, e non è poca cosa quando gli alunni sono a centinaia e l’interlocutore è l’università di Padova. Ora come ora devo reinventarmi daccapo, perché l’essere trasparente coi miei superiori ed i fedel mi è costato la preclusione dall’insegnamento della religione (l’unico ambito in cui potevo spendere le due lauree in teologia che ho), e farlo non mi lascia altro spazio. Attendo fiducioso il giorno in cui godrò di nuova stabilità per riprendere il mio impegno nel sociale in modi e tempi inediti.

Quella con Fabio è stata una chiacchierata molto proficua perché ha rappresentato l’occasione per un confronto su una realtà, la Chiesa cattolica, che sta attraversando un momento di grande trasformazione più o meno percepita. Le scelte di Fabio rappresentano anche lo spunto per un confronto su come è cambiata la nostra quotidianità ed una opportunità questa per guardare da un’altra prospettiva il mondo clericale.

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