Ci sono degli aspetti del movimentismo cattolico e spesso non vengono approfonditi, o meglio vengono ridimensionati dall’esperienza personale. Renata Patti ha vissuto un’esperienza tra i Focolarini dall’età di 11 anni fino ai 50. Ne è uscita alcuni anni fa, contrapponendosi alle linee guida ed alle interpretazioni date dal movimento. Ha scritto un libro uscito nel 2018 “Io ed il movimento dei focolari, storia di un inganno e di una liberazione”[1] anche in francese[2]. L’ho incontrata e con lei ho chiacchierato e discusso. Ne è uscito un quadro a tinte forti che mette a nudo il movimento. Cercando la verità Renata è andata verso la filosofia restando però attenta a chiedere ad alcuni teologi le analisi del caso.
D. – Come è iniziata la tua esperienza con i focolarini?
R. – Da giovinetta, avevo dieci/undici anni tramite il sacerdote che si occupava delle ragazze. Il Don ci aveva portato “in focolare”. Ed io ricordo benissimo quel giorno. Eravamo un gruppetto, sedute su dei cubi colorati nella sede Gen con una focolarina di Verona che ci raccontava la storia del movimento credo. Io però ricordo solo che con la mia migliore amica abbiamo riso dall’inizio alla fine per le espressioni dialettali usate. L’abbiamo disturbata durante tutto il pomeriggio e lei alla fine ci ha preso sottobraccio e ci ha fatto visitare la casa. Ci disse “…siete le mie preferite vi faccio fare il giro della casa…”. Ci ha coccolato a tal punto che prima di rientrare in casa mi sono fermata in cortile e ho detto dentro di me io “tornerò in focolare non più per ridere, ma solo per amare”. Ero stata conquistata totalmente e il giorno dopo lo dissi al sacerdote. Dopo una settimana mi hanno invitato ancora con una gentile telefonata e così per un po’ di tempo, finché ho cominciato ad andarci “spontaneamente”. Questo in francese si dice con una sola parola “emprise”. Il “disco rigido del mio computer” era stato preso!
D.- Il “focolare” genera entusiasmo?
R. – Il mio lo era. Me lo disse anche mia madre. Ha voluto che le leggessi alcune pagine e mi disse: “Renata…tu non eri fanatica, eri entusiasta perché fa parte del tuo carattere …”. Ma allora posso affermare che questo entusiasmo è stato preso dal movimento che manipola i piccoli ad esempio con l’uso dei superlativi. Ricordo che mi si chiamava “Renatissima…”. Oppure usavano frasi tipo: “tu che hai una fede che sposta le montagne…”. Quante volte ho sentito questa frase talmente manipolatoria.
D.– Con Chiara Lubich si parla spesso di spiritualità collettiva. Puoi spiegare in che cosa consiste?
R.–. Lo spiega molto bene nella postfazione delle mie pagine p. Pierre Vignon (già Giudice ecclesiastico, canonista e teologo) che mi permetto di citare: “…Qui viene messo in causa un sistema, vale a dire un intero movimento, perché i Focolari sono permeati dal pensiero, insostenibile alla luce della tradizione cristiana, che la loro “santità” è comunitaria, cioè collettivista, secondo la loro idea. Essi realizzano una “clonazione collettiva e individuale”. È una vera e propria eresia. Queste persone, coperte dagli alti rappresentanti della Chiesa cattolica, la pensano esattamente così. La salvezza per loro non è nel Cristo annunciato dalla Chiesa, ma sono essi stessi che si fanno carico, nel loro orgoglio spirituale, di salvarla: “Un giorno, la Chiesa si sveglierà Focolarina”. “La nostra spiritualità collettiva era diventata – dopo l’annuncio del Papa (Giovanni Paolo II) – la spiritualità di tutta la Chiesa”. Non ci può essere errore più grande. …”.
Faccio un esempio: nelle lettere di San Paolo si parla della correzione fraterna che è stata ridefinita e tramutata in uno degli “strumenti della spiritualità collettiva” che Chiara Lubich ci faceva vivere con “l’ora della verità”. Ricordo che quando facevamo “l’ora della verità”[3] in focolare. Ci riunivamo, presenti le focolarine a vita comune quindi le vergini ma anche le sposate. Si sceglieva a sorte una persona alla quale ognuna si rivolgeva. Al primo “giro” ognuna le diceva tutto ciò che di negativo aveva trovato in lei. Era “il purgatorio”. Serviva perché la persona si accorgesse che doveva correggere il suo modo di essere. Il secondo “giro” era tutto di positivo ed in quel contesto venivano evidenziati quegli aspetti che doveva continuare a sviluppare per crescere personalmente ed in comunità. I modelli di paragone a cui mirare erano la persona di Chiara, le sue parole, ciò che lei richiedeva alle focolarine in modo particolare e non solo anche ciò che desiderava.
Chiara Lubich
D.– Puoi dirmi quale è stato il primo purgatorio che ti hanno fatto?
R.– Del mio primo purgatorio, ero ancora una Gen (Generazione Nuova del Movimento), ricordo che si concluse con le parole dell’Assistente Gen (una focolarina): “…si sente che tu vieni da una parrocchia…”, quindi il mio impegno doveva essere, e tutte le altre mi avrebbero aiutato, a non assomigliare più a una ragazzina che veniva dall’oratorio ma dovevo assumere nel mio vissuto tutto ciò che Chiara ci insegnava e ci diceva e null’altro.
D.- Come è iniziata e proseguita la tua esperienza nei focolarini?
R.- Io sono entrata in focolare a diciotto quasi diciannove anni, scappando di casa con le valigie accompagnata in macchina da mio cugino. E proprio perché ancora minorenne ho dovuto attendere a Milano fino ai ventun anni, prima di poter partire per la Scuola di Formazione delle focolarine a Loppiano. Ricordo c’era un piccolo pulmino rosso che partiva con le focolarine esterne ed io ero una di quelle. Sono stata là sino al ’79 o ‘80, poi Chiara mi ha destinato a Bruxelles, Belgio. I miei genitori erano disperati: io, figlia unica, così lontana. Così mi chiesero di scrivere a Chiara per chiedere di non mandarmi così lontano. Renata Borlone, allora la Capo-Scuola delle Focolarine, mi disse “Non preoccuparti Renatina, vedrai… Chiara capisce”. Avrà pure capito, ma per me le cose non sono cambiate. Io la lettera la scrissi… non ho idea di che fine abbia fatto… Così mi ritrovai di notte a Bruxelles alla fermata Quartier Leopold. Ero arrivata con una valigiona e tre persone mi erano venute a prendere: una era la Capo-zona e l’altra sarebbe stata la mia Capo-Focolare.
C’era una strettissima collaborazione tra le focolarine che ci rappresentavano Chiara. Però il desiderio di Chiara, non era solo quello che aderissimo alle sue parole con la mente (unità di pensiero), tutto doveva essere compiuto sine glossa.
D.– Tu hai avuto modo di incontrarti o frequentare Chiara?
R.– Se parliamo di un incontro personale tra Chiara e me: solo una volta e direi non proprio personale perché eravamo in presenza di tutto il focolare con cui vivevo su un piccolo palco e tutte le altre focolarine della Scuola Mystici Corporis assistevano nel salone del College. Per la venuta di Chiara, lei stessa aveva voluto incontrare il “primo anno” chiamandolo “l’anno del PER SEMPRE”. Chiara incontrava ogni focolare e ognuna di noi poteva dirle una frase concordata con la Responsabile della Scuola. Prendendo spunto dalla frase che Pietro disse a Gesù, io dissi a Chiara: “Chiara, tu sai tutto, lo sai che ti voglio bene.” E lei mi rispose “… non preoccuparti Renatina, vedrai, la Madonna ti aiuterà”. Io, scesi da quel palco e ricordo di essermi fermata dietro alla pianta di cactus e non sapevo più esattamente dove mi trovavo. Avevo perso la cognizione del tempo. Ero come ipnotizzata. Chiara aveva questo – lo chiamerei – potere, sapeva convincere, trascinare dietro di sé, attirare a sé ed era portata ad essere ancor più che un punto di riferimento.
D.- Quali sono gli aspetti che ti hanno portato ad essere così critica nei confronti del movimento e di Chiara?
R.- Ho vissuto per circa quarant’anni in questa realtà, la conosco bene, ma mai abbastanza perché è difficilissimo conoscere la verità dai focolarini[4]. Io ho atteso a pubblicare per approfondire ancora, confrontarmi con altre persone. Sono uscita dal Focolare perché sono stata scandalizzata dalle tante menzogne, tante forzature che erano violenza sulle coscienze delle persone. Anche gli strumenti della spiritualità indicati da Chiara come essenziali per vivere il suo Ideale, sono in realtà pratiche abusanti. Ho raccontato dell’ora della verità che è uno di questi strumenti. Se si analizza bene è una pratica abusante.
Ho portato al Tribunale ecclesiastico della Beatificazione a livello diocesano, anche lo scritto di centosette pagine[5] del 1974. Era pubblico da anni ma nessuno se ne era accorto. Lo avevo letto mentre facevo gli studi di filosofia dai Gesuiti di Bruxelles ed ero rimasta sbalordita perché in quelle pagine trovavo tutta la mia formazione, ma quel testo era – a mio umile avviso – un reale delirio. C’è ad esempio un passaggio in cui Chiara spiegando ai capi zona alcune pagine del suo Paradiso 1949 dice: “… noi siamo la nuova Chiesa”. La nuova Chiesa? Sì, ma non solo. Chiara era andata ben oltre, si è identificata a Cristo, alla Trinità, alla Vergine Maria. La sua unità è identificazione e assorbimento.[6] E da lì discendono tutte le prevaricazioni che si avvicinano ad una sorta di settarismo, le derive settarie già descritte nel libro a più voci. Lasciato il movimento ho ragionato, mi sono confrontata con altri e deciso di scrivere per denunciare tutto “nella Chiesa e per il bene della Chiesa”. Ricordo che Olivier Le Gendre – autore conosciuto in Francia – mi disse: “Renata, stai scegliendo la strada più lunga, lo devi sapere”. Oggi – dopo aver approfondito con letture sconcertanti in particolare il libro “Il tradimento dei Padri”[7] dove trovo citata anche Chiara Lubich e il suo movimento conosciuto per gli abusi spirituali, e anche con l’ascolto di varie vittime sopravvissute a vari tipi di abuso[8] – sono arrivata a capire e con molta fatica e sofferenza a dire che invece occorre denunciare subito alla Magistratura ogni tipo di abuso e chiedere alla Buona Stampa (cioè a coloro che hanno lo sguardo dalla parte delle vittime e non dei carnefici [9]) di pubblicare tutto in modo che tutti possano essere informati e si faccia prevenzione oltre che informazione.
D.- Chi ti ha supportato in questo lavoro?
R.- Il primo che mi ha capito è stato il mio professore di Filosofia all’IET di Bruxelles con il quale avevo studiato l’Analogia dell’Essere di Przywara, studio con il quale ho capito profondamente che l’umano non sarà mai il divino e che era vitale quanto imparato “unità nella diversità MA, Dio è sempre più grande”! Il Prof. Emmanuel Tourpe mi ha dato i criteri di scrittura, poi ho anche frequentato l’Atelier de l’Alouette al Centro Ignaziano dove ho conosciuto due persone importanti per il proseguo: l’Avvocato Pascal Hubert e la Psicologa Monique Tiberghien, ora deceduta, che mi avrebbe presentato suo marito il prof. Vincent Hanssens, psicosociologo dell’UCL di Lovanio.
Dopo l’incontro con il Card. Martini i contatti con l’autore Olivier Le Gendre (di Parigi) che ha scritto “La Confession d’un Cardinal” [tradotto in italiano “Orgoglio e pregiudizio in Vaticano” per l’Ed. PIEMME] si sono infittiti. Lui mi ha incoraggiato a continuare nella scrittura delle mie pagine che avevo già cominciato in francese. Chi mi ha accompagnato fin dall’inizio e incoraggiato a concludere è stata Sr. Vitalina Floris (eremita nella città di Bruxelles) che ascoltava in quel tempo anche altre focolarine in difficoltà. In seguito quando ho finito l’esercizio di scrittura ho chiesto rilettura a 2 Gesuiti dell’Istituto di Studi Teologici di Bruxelles I.E.T. (il mio prof di diritto canonico p. Benoit Malvaux SJ già citato nel capitolo 1 del libro “Dall’abuso alla libertà – Derive settarie all’interno della Chiesa – Testimonianze e Riflessioni” ed. MOLS[10] e il p. Jean Marie Hennaux SJ che con una prontezza rimarchevole ha letto il mio manoscritto in una settimana e mi ha incoraggiato a parlarne al Card. Martini (che io volevo incontrare) dicendomi che in quelle pagine non c’era vendetta, ma esposizione dei fatti che parlano da sé, qualche interpretazione inevitabile e che testimonianze come questa dovevano essere fatte conoscere per il bene della Chiesa. Quando poi la possibilità di far conoscere – soprattutto in Francia alcuni documenti originali scritti da Chiara Lubich e pubblicarli sulla pagina PNCDS72[11] del p. Dominique Auzenet della Diocesi di Le Mans abbiamo colto l’occasione per pubblicare on-line anche il documento di centosette pagine. Fu proprio il p. Dominique a mettermi in contatto con p. Pierre Vignon (già giudice ecclesiastico, canonista e teologo) della Diocesi francese di Valance, che mi ha aiutato molto perché ciò che avevamo analizzato fosse consegnato al Tribunale Ecclesiastico e facilitasse il futuro Discernimento della Chiesa Gerarchica.
D.– Quale sarà il futuro del movimentismo cattolico?
R.- Non è una domanda alla quale io posso rispondere… dico sempre “chi vivrà, vedrà”. Ma una cosa è certa: le vittime sopravvissute hanno una grandissima responsabilità che è quella di testimoniare ciò che hanno vissuto e sofferto in strutture chiuse guidate da autorità per lo più dispotiche (pag. 72 del libro “il vescovo” di Carlo Maria Martini).
Vorrei prendere l’occasione di citare un testo che concerne il pensiero del Cardinale Carlo Maria Martini che, riletto oggi, mi ha sconvolto per la giustezza dei suoi propositi ecclesiali:
“… f) Il ruolo dei movimenti ecclesiali.
Nell’alveo del pensiero martiniano su carismi e ministeri, si innesta pure la problematica dei movimenti ecclesiali che richiederebbe uno studio specifico. Secondo il Cardinale, di ogni movimento è importante cogliere la matrice culturale in cui si colloca, gli influssi subiti le condizioni degli aderenti, la figura del fondatore, la fisionomia del gruppo che gli ha dato vita. Spesso gli appartenenti al movimento presentano la loro esperienza come una esperienza “da fare”, ma bisogna saperne riconoscere i pericoli impliciti che sono essenzialmente sei: “una certa diffidenza verso la dottrina teologica, la ricerca della soddisfazione personale in manifestazioni straordinarie, un certo infantilismo, un eccessivo entusiasmo, l’autonomia dalla gerarchia, il settarismo. Se sono incentrati sul senso dell’incontro con Dio, sulla presenza dello Spirito Santo nel cuore, sulla proclamazione del battesimo, possono ottenere delle forti e autentiche conversioni”. Tutti i momenti che scandiscono il cammino di una associazione devono potersi dire evangelici; strumenti, stile, linguaggio, vanno sottoposti al criterio della croce, dell’umiltà e della verità. Lo scopo di un movimento, il suo fine, è quello di condurre tutti all’incontro con il mistero di Cristo crocifisso e risorto, ad assimilare il kerygma, per vivere la sequela evangelica; così il singolo e la comunità, attraverso un cammino associativo autentico, giungono a cogliere la presenza della perla preziosa, del tesoro nascosto, per cui vale la pena vendere tutto (cfr. Mt. 13.44-46).”
Tratto dal libro “Carlo Maria Martini, Custode del Mistero nel cuore della storia” di D. Modena, ed. Paoline, pagine 168-169.”
A margine dell’incontro la testimonianza di Frère Ignace Berten OP, teologo domenicano[12] che ha ascoltato più volte Renata e descrive così il libro:
“Una storia dolorosa, ferite profonde, cicatrici indelebili. Al limite della morte psicologica e spirituale. Le derive settarie in alcuni nuovi movimenti, non solo riconosciuti ma sopravvalutati nella Chiesa cattolica recente, hanno effetti mortali. Nel caso del Movimento dei Focolari, il dramma è che questa deriva trova chiaramente la sua fonte nei testi della fondatrice, Chiara Lubich. Il dramma, più precisamente, si trova in una contraddizione fondamentale. Da un lato, non si può negare la profondità dell’esperienza spirituale e mistica di Chiara Lubich. Non si può negare nemmeno la ricchezza del movimento che ha suscitato. La fecondità spirituale per migliaia di donne e uomini che si sono legati e sono ancora legati al movimento. D’altra parte, c’è nella fondatrice quasi un’identificazione personale con Dio stesso e, a partire dal suo misticismo dell’unità, l’obbligo di rinunciare totalmente alla propria personalità, ad ogni volontà personale. Quindi, all’interno dei Focolari (comunità di vita), le manipolazioni mentali da parte dei responsabili e la graduale dissoluzione delle persone, fino alla tentazione del suicidio e talvolta il passaggio all’atto. Grazie a Renata Patti per questa indispensabile testimonianza.” Ignace Berten OP Domenicano, Teologo (Bruxelles)
[1] https://focolareabusi.altervista.org/wp-content/uploads/2019/10/io-e-il-movimento-dei-focolari-renata-patti-01-2.pdf
[2] https://www.lenversdudecor.org/Dieu-les-Focolari-et-moi-La-liberation-d-une-duperie.html
[3] https://inciampocarapace.blogspot.com/2022/11/oradellaverita.html?m=1
[4] https://www.ubiklibri.it/book-9788856680805-la-setta-divina-il-movimento-dei-focolari-fra-misticismo-abusi-e-potere.html
[5]http://pncds72.free.fr/319_focolari/319_9_1949_1974_paradisoPARADISO%201949_clibich_raduno_capizona.pdf
[6] http://pncds72.free.fr/319_focolari/319_42_1_unita_assorbimento.pdf
[7] https://www.queriniana.it/libro/il-tradimento-dei-padri-4475
[8] https://oref.it/index.php?lang=IT§ion=TESTIMONIALS
[9] https://www.adista.it/articolo/67006
[10] https://www.youtube.com/watch?v=FFNfmZEYezc
[11] http://pncds72.free.fr/319_focolari.php
[12] https://www.adista.it/articolo/67008