Disturbi alimentari: definizioni e soluzioni

I disturbi alimentari consistono in disfunzioni del comportamento alimentare che danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico. Negli ultimi anni i disturbi del comportamento alimentare sono aumentati in particolare nel mondo occidentale. Colpiscono ogni strato sociale, con una forte prevalenza nel sesso femminile generalmente nell’adolescenza, ne ho parlato con la Dott.ssa Anna Maria Pacilli, Responsabile Centro del Disturbi del Comportamento alimentare del Dipartimento Interaziendale ASL Cuneo 1.

dott.ssa Anna Maria Pacilli (Responsabile Centro del Disturbi del Comportamento alimentare del Dipartimento Interaziendale ASL Cuneo 1)

Cosa sono i disturbi dell’alimentazione o disturbi del comportamento alimentare?

I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DAN o DNA), prima denominati con la sigla DCA, sono patologie estremamente complesse e, spesso, di multiforme presentazione clinica che si caratterizzano fondamentalmente per un alterato rapporto con il cibo ( in eccesso o in difetto),  una eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee, con sovente, una alterata percezione delle stesse, fenomeno che va sotto la denominazione di dismorfofobia. Tali aspetti si correlano spesso a bassi livelli di autostima. Il nostro Centro è ubicato in corso Francia 10, dedicato a soggetti adulti, si occupa non solo del percorso diagnostico e terapeutico dei disturbi della alimentazione e della nutrizione, ma, in collaborazione con i Centri di Salute Mentale Territoriale, della presa in carico congiunta, allorquando questi disturbi si presentino in una situazione di comorbilità, che è la presenza contemporanea di altri disturbi psichici, come ad esempio disturbi d’ansia, disturbi dell’umore e disturbi di personalità, evenienza sempre più frequente. La nostra esperienza clinica dimostra che curare un solo tipo di disturbo, non dando la giusta attenzione all’altro, può provocare un insuccesso terapeutico o, comunque, nel caso di un miglioramento clinico, che esso sia solo temporaneo. I disturbi che trattiamo nel nostro centro sono l’Anoressia Nervosa, nelle sue forme restrittive o con condotte di eliminazione ( uso di lassativi e/o diuretici, iperattività fisica), la Bulimia nervosa che per definizione si caratterizza per abbuffate, ossia perdita di controllo sul cibo, in una sorta di esperienza drogastica, con ingestione di grosse quantità di alimenti in un breve lasso di tempo, alle quali possono fare seguito o meno condotte di eliminazione tramite il vomito autoindotto, oppure senza condotte di eliminazione , ed il Disturbo da Alimentazione Incontrollata o BED che è simile alla bulimia, con la variante della presenza al posto dell’abbuffata, di un continuo piluccamento di cibo od il mangiare ai pasti ma in quantità eccessiva . Questo disturbo non è mai seguito da condotte di eliminazione per cui se non curato, sfocia nella Obesità conclamata. L’Obesità non sarebbe inquadrabile, da un punto di vista categoriale diagnostico, come DAN, ma, in realtà molti casi di obesità derivano dai BED, per cui in buona sostanza il nostro centro si  occupa anche di questi disturbi. C’è, ancora da menzionare tutto il percorso della Chirurgia bariatrica, con interventi chirurgici sui grandi obesi e le figure psichiatriche e psicologiche che se ne occupano sono le medesime. I DAN sono, quindi, disturbi che minano sia il corpo che la psiche, con conseguenze molto importanti e gravi. Quando una ragazza ( od anche un ragazzo, perché non dobbiamo dimenticare che sono in aumento anche i casi di disturbi nel sesso maschile), giunge alla nostra attenzione con alle spalle tre o più anni di patologia non trattata, è già tardi, con possibile tendenza alla cronicizzazione. Il nostro è un Centro di I livello, di cui io ricopro il ruolo di Responsabile e fa capo al Dipartimento di Salute Mentale (Direttore: Dott. Francesco Risso) ubicato, come accennato,  in Corso Francia 10 a Cuneo. Nato come ambulatorio nel 2003 si è evoluto nel tempo, ampliando la presenza delle figure professionali coinvolte e grazie alla proficua e costante collaborazione con la S.C Dietetica e Nutrizione dell’Ospedale S.Croce e Carle (Direttore: dott.ssa Da Pont) e la S.S.D Psicologia e Psicopatologia dello sviluppo (Responsabile Dott.Arduino e Referente per DCA dott.ssa Galliano). Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disturbi dell'alimentazione possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e, nei casi gravi, portare alla morte. All’anoressia nervosa, ad esempio,  è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore di quella di persone sane della stessa età e sesso. Rappresentano le seconde cause di morte dopo gli incidenti stradali. Attualmente questi disturbi rappresentano un importante problema di salute pubblica, visto che per l’anoressia e per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi in età preadolescenziale ed, addirittura, nell’infanzia. Una insorgenza precoce, interferendo con un fisiologico  processo evolutivo sia biologico che psicologico, si associa a conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale. Quindi, non solo è importante l’intervento precoce, ma data la loro complessità e la possibilità di passaggio da un disturbo ad un altro, è essenziale una presa in carico multidisciplinare e multiprofessionale, che non significa solo avere numericamente più specialisti, ma avere  più figure professionali che formino un team integrato e collaborante. A Cuneo, a completare il percorso di cura, abbiamo i “pasti assistiti” con la dietista in sede, che rappresentano parte integrante del percorso terapeutico e che siamo riusciti a mantenere anche nel periodo del Lockdown da Pandemia Covid-19, ai quali possono afferire anche utenti seguiti dai centri di Mondovì e Savigliano, dove non è ancora aperta questa possibilità terapeutica. Con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2018 è stata indetta la Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare, che si celebra il 15 marzo di ogni anno.


Dati alla mano qual è l’incidenza dei disturbi alimentari in provincia di Cuneo e perché si riscontrano prevalentemente nell’adolescenza?

Come evidenziato dalle statistiche riportate dal Ministero della Salute nel periodo post pandemia la percentuale di italiani affetta da un disturbo del comportamento alimentare è aumentata notevolmente: l’incidenza negli adolescenti è superiore al 30% rispetto agli adolescenti calcolati nel 2019. Cuneo ha dati clinici sovrapponibili  a questi.  Secondo il Ministero della Salute vi sarebbe una stretta correlazione tra l’isolamento sociale, che hanno subito gli adolescenti durante la pandemia e lo sviluppo di un disturbo alimentare ex novo o la riacutizzazione di uno già presente.  I disturbi del comportamento alimentare colpiscono sempre di più e presto, soprattutto le ragazze, con esordio tra i 12 e i 17 anni ed anche in età più precoce. L'8-10% riguardano il sesso femminile e lo 0,5-1% il sesso maschile ( questi sono dati che ci provengono dalla Neuropsichiatria Infantile). Secondo una ricerca curata dall'Istituto superiore di sanità sui centri specialistici del il 90% è femmina; il 59% ha un'età compresa fra 13 e 25 anni, il 6% meno di 12.  Nel nostro Centro di Cuneo l'anoressia nervosa rappresenta il 42,3% dei casi, la bulimia nervosa il 18,2%, il binge eating disorder il 14,6%.    La prevalenza in età adolescenziale è riconducibile ad una fase molto delicata del neurosviluppo, di per sé più fragile e vulnerabile. Per tale motivo non sempre è facile riconoscere quelli che possono essere considerati i campanelli di allarme che precedono lo sviluppo delle problematiche psicologiche. Non è detto che l’esordio di un disturbo alimentare sia subito correlato al rifiuto del cibo. Spesso si ha un ritiro dalle relazioni sociali ed amicali, un atteggiamento più silenzioso, un aumento del perfezionismo nelle prestazioni scolastiche e/o sportive , come se gli unici interessi dei ragazzi fossero quelli. In questo periodo la famiglia e la scuola sono fondamentali nell'individuare i primi segnali di rischio come forma di tutela e protezione della salute di bambini e adolescenti, ma, come dicevo prima, non è sempre semplice. I ragazzi svolgono durante la giornata tante attività, scolastiche ed extrascolastiche, escono di casa al mattino presto e spesso saltano la colazione dicendo che non hanno tempo, poi passano la giornata a scuola, evitando il pranzo, poi frequentano altre attività, rientrano a casa alla sera e magari dicono ai genitori che sono stanchi e vanno a letto senza cena. Non è semplice per un genitore accorgersi in breve tempo di questi cambiamenti di abitudini ed è comprensibile che spesso egli si rivolga a noi autenticamente meravigliato di una perdita di peso importante del figlio.

 

Un disturbo alimentare comincia sempre con una dieta?

Non sempre. A volte sì, ci può essere un leggero sovrappeso e quindi si inizia a seguire un regime dietetico spesso “fai da te”, o anche facendosi seguire da un dietologo ma con pregressive ed autonome restrizioni qualitative e quantitative di cibo. Si eliminano rapidamente cibi considerati “pericolosi” come i carboidrati semplici e complessi, i grassi e in soggetti particolarmente predisposti, vedere decrescere progressivamente il numero sulla bilancia diventa un incentivo a non fermarsi più e a voler continuare a perdere peso. Altre volte si comincia a prediligere una dieta “sana” che però può diventare una ossessione, sconfinando nella “ortoressia”. Il comportamento tipico di chi soffre di questo disturbo è l’eliminazione progressiva dalla propria dieta di tutti gli alimenti ritenuti pericolosi per la salute, col risultato talvolta di eliminare anche quelli utili. Nella lista nera dell’ortoressico infatti rientrano tutti i cibi considerati potenzialmente cancerogeni - carne rossa, latticini, patate, insaccati - seguono gli OGM, i dolci e gli ortaggi non biologici. Il 78% di chi soffre di ortoressia pianifica meticolosamente i propri pasti e il 72% rinuncia alle uscite con gli amici: l’ortoressico è perfettamente in grado di passare il proprio fine settimana a cucinare verdure per la settimana seguente, calcolando al milligrammo le dosi e le combinazioni per pranzi, cene e colazioni. L’ortoressico vorrebbe evitare qualsiasi alimento che possa nuocere alla sua salute, ma è evidente come ciò sia impossibile: la lista si allunga a dismisura e inoltre ogni alimento indicato come potenzialmente dannoso lo è solo se assunto in quantità eccessive.

Come si riconoscono i sintomi di un disturbo alimentare?

Sarebbe utile, come accennavo prima, individuare per tempo i campanelli di allarme, non necessariamente di tipo alimentare, ma ritiro sociale, modificazioni nella relazionalità, nella emotività e nella comunicatività, chiusura emotiva, malumori, aumento delle attenzioni sulle performance scolastiche,  aumento del perfezionismo, perché soprattutto nel disturbo di tipo anoressico il mito è quello della perfezione non tanto della bellezza,  o i sintomi più precoci, come cercare di evitare i pasti in famiglia, quindi cambio di abitudini alimentari, variazione repentina del peso corporeo.


Come si svolge la diagnosi

La diagnosi è sempre di tipo multidisciplinare con una fattiva collaborazione delle équipe psichiatrica, psicologica e dietologica. Alla diagnosi segue la presa in carico territoriale, allorquando non ci sia necessità subito di un ricovero in un reparto specializzato, con un trattamento farmacologico, se indicato, e l’inserimento ai pasti assistiti oltre alla presa in carico psicoterapeutica. Le linee guida indicano come appropriato un ricovero con un indice di massa corporea (BMI) pari o inferiore a 15. In realtà, noi seguiamo ambulatorialmente anche chi ha un BMI pari a 15 od anche appena al di sotto, anche perché i posti letto in centri specializzati per la cura intensivasono pochi con lunghe liste di attesa.


Come intervenire da genitore o amico?

I ruoli sono diversi.

Non è certo semplice da genitore. Lo psichiatra psicoanalista S. Freud (1856-1939) riteneva che essere genitori è un mestiere devastante.La domanda che i genitori spesso si fanno è:” Perché proprio mio figlio si è ammalato?”. Questa patologia comporta il doversi interrogare, mettersi in discussione . I DAN suscitano ancora timore perché ci impongono di interrogarci sulle nostre modalità relazionali. Mettersi in gioco, però, non significa sentirsi colpevoli, ma sicuramente interrogarsi sul rapporto che la famiglia ha con il cibo e con il corpo. I condizionamenti interni ed esterni alla famiglia hanno una grossa rilevanza.

E’ importante comunque che i genitori si mostrino coesi e compatti, il figlio non deve percepire una scucitura tra di loro. I conflitti intrafamiliari si instaurano anche sulla base di dinamiche diverse che si instaurano sul tema “tempo”: se, da un lato i figli cercano di fermare il tempo, con il blocco delle mestruazioni nelle ragazze e quindi il rifiuto della femminilità e della possibilità di diventare madri e con il blocco della crescita, in una dinamica di dilatazione dekk’istante che vivono, i genitori vorrebbero, al contrario, che il tempo che separa i figli dal raggiungere un miglioramento clinico fosse il più veloce possibile. Spesso per i pazienti i DAN rappresentano un meccanismo di difesa che cela altre difficoltà più profonde e meccanismi inconsci “remano” contro la guarigione nel tentativo di mantenere un equilibrio disfunzionale per il vivere, ma funzionale come copertura di altre problematiche più profonde. Gli amici non possono fare altro che stare vicini ai ragazzi condividendo la sofferenza in modo empatico, certo, ma cercando di non correre il rischio di farsi influenzare dalla patologia. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di un’età di grande vulnerabilità.

Si guarisce da questi disturbi ed  è sufficiente la forza di volontà?

Non è sufficiente la forza di volontà, perché non si tratta di “capricci” o di comportamenti passeggeri, ma di veri e propri quadri psicopatologici. Si guarisce, certo, è i dati dimostrano che circa il 70% dei ragazzi guarisce, se la presa in carico avviene in tempi brevi e comunque, si diceva, entro i tre anni dalla insorgenza dei sintomi.  E’ necessaria una aderenza a tutto tondo ai programmi terapeutici.