Intervista a Marco Cappato

Tra un sapere imposto da vecchie autorità screditate e un sapere autoreferenziale e rabbioso, va costruita con pazienza e determinazione l’alternativa: una conoscenza umile, dialogica e ancorata ai fatti. (Marco Cappato)

La storia di Marco Cappato passa attraverso differenti esperienze, tutte di rilievo. Da esponente dei Radicali a quello nell’Associazione Luca Coscioni sino ad Eumans. il movimento paneuropeo di iniziativa popolare e nonviolenta fondata dallo stesso Cappato. Promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna Eutanasia legale, con un passato da consigliere comunale e tantissimi progetti nel cassetto. Marco ha accettato di rispondere ad alcune domande relative al suo impegno in politica di oggi e in prospettiva.

D.-Il Partito Radicale è stato precursore di molte battaglie che oggi la Luca Coscioni porta avanti. Tu hai vissuto buona parte della tua storia politica nel Partito Radicale. Cosa rimane di quell’esperienza oggi? Ed hai nostalgia della politica attiva?

R.- Considero la "mia" politica fondata sulla partecipazione civica e la mobilitazione sociale- in realtà molto "attiva", anche più di quanto non lo sia la politica elettorale. E' la scommessa che abbiamo scelto dando vita a Eumans, movimento paneuropeo di iniziativa popolare: cercare di cambiare le cose partendo dalle questioni realmente importanti per la vita delle persone. Questo era il metodo del Partito radicale, per il quale le elezioni erano solo una occasione in più per portare avanti delle battaglie. Penso che oggi questo metodo sia fatto vivere dall'Associazione Luca Coscioni e da Eumans.

D.- Il caso dj Fabo oltre che ad altri hanno caratterizzato la storia della Luca Coscioni. Ritieni che oggi i tempi siano maturi per affrontare il tema di fine vita nel contesto della quotidianità italiana ?

R-La società italiana è pronta da molti anni. La classe dirigente invece ne è spaventata, perché è bloccata dai veti di minoranze organizzate legate al potere clericale. Per questo, la strada principale che abbiamo scelto di intraprendere-disobbedienza civile, partecipazione popolare non dipende dall'assenso da parte di questo o quel partito, ma dalla valorizzazione del consenso popolare.

 

D.-Come sta andando l’adesione al testamento biologico qui in Italia?

R.-Nessuno ne sa nulla, dunque nessuno attiva il proprio diritto. Dai calcoli che ha fatto l'associazione Luca Coscioni, circa lo 0,5% della popolazione ha fatto il testamento biologico. La ragione è semplice: né il Governo né le Regioni hanno realizzato la benché minima campagna informativa, pur essendo obbligati a farlo per legge. In assenza di conoscenza vera, i diritti restano sulla carta, e servono a poco. Per questo ci saranno altri casi Englaro e d'Incà, purtroppo.

D.-Accanimento terapeutico ed il fine vita sono argomenti che la politica italiano non ha mai affrontato veramente, per scelta o per un retaggio culturale cattolico ancora latente che impedisce di dar giusta misura all’argomento. Così credi sia possibile avere all’ordine del giorno della politica italiana il fine vita ad esempio,

R.-Il problema in Italia non è il retaggio cattolico, ma la democrazia. Gli interessi particolari prevalgono su quello generale, e sugli orientamenti dell'opinione pubblica. Belgio e Spagna sono Paesi a maggioranza "cattolica", e hanno entrambi legalizzato l'eutanasia. La responsabilità italiana non va ormai più cercata in Vaticano -per quanto lì si eserciti una potente forza conservatrice e reazionaria, ma ai vertici di partiti privi di radicamento sociale, e desiderosi di poter parassitare quel tanto o poco di reti organizzative legate alla Chiesa abbracciandone vuote parole d'ordine a difesa della "vita".

D.- C’è la possibilità di rivederti impegnato in un partito oppure proseguirai con la sola Luca Coscioni?

R.- Non escludo che un partito possa trovare la forza per emanciparsi dalle dinamiche elettoralistiche e clientelari. Quello che stiamo facendo con Eumans nel rivitalizzare la partecipazione popolare in una dimensione paneuropea potrebbe aiutare anche i partiti. Questa è la mia priorità.

Marco Cappato è un uomo che sfugge alle categorie ordinarie di impegno politico e sociale. E questo è un vantaggio perché dimostra come sia possibile muoversi in una realtà così complicata come la nostra, sottraendosi alle etichette che semplificano, ma talvolta impoveriscono il dibattito. Vivere il nostro tempo senza indugio e paura di un confronto con le istituzioni pone in essere un’esigenza, quella di una lotta che non deve necessariamente ed a priori essere vincente, ma mossa su basi solide di principio e di anali e questo è tanto.