Politica italiana: prospettiva Europa

di Alessandro Claudio Giordano

Ci sono degli aspetti della nostra quotidianità politica che in questo momento ci sfuggono.

Non è problema di carattere strettamente politico, ma di abitudini perdute, come il confronto con le parti terze: le istituzioni dello Stato (la Presidenza della Repubblica ad esempio), le formazioni politiche (opposizioni comprese) rappresentate nelle due Camere e soprattutto gli italiani. La situazione ci sta scappando di mano, manca un contradditorio e la capacità di un confronto che aiuti a capire, a certificare un percorso comune che, ponga il paese nella condizione di rispondere in maniera univoca alle esigenze sociali, economiche e politiche poste anche nel contesto europeo.

Ed il problema oggi è proprio acquisire o meglio riacquisire la capacità di stare in Europa perché quello è l’obiettivo primario indipendentemente dal colore delle formazioni politiche che guidano il paese. Anzi quella europea è la imprescindibile prerogativa che deve accompagnare progetti ed iniziative oltre ad uscire da una campagna elettorale che si protrae da ormai un anno, aprendo il dibattito.

Oggi le tinte sfocate della politica italiana hanno uniformato le differenti esigenze, riducendo il campo del confronto tra sovranisti ed europeisti. Semplificare il campo del confronto non riduce però il rischio di impasse politica che anzi di questo momento blocca qualsiasi dialogo di prospettiva. Così, nostro malgrado, è prevalsa la scelta di ragionare sul tempo breve senza investire su un progetto almeno di legislatura. Si tira a campare e le scadenze elettorali rappresentano la verifica più o meno parziale della buona salute dell’Esecutivo. Il problema è che il paese reale non sta bene ed è in recessione, sotto scacco in una sorta di involuzione progettuale che lo sottrae dal confronto con gli altri partners europei isolandolo. Il passaggio è delicato proprie perché perdere l’Europa oggi vorrebbe dire compromettere lo sviluppo del paese segnandolo per decenni.

Un tempo le ideologie caratterizzavano e veicolavano le iniziative. Oggi la mancanza di una traccia storica ideale a cui fare riferimento vincola, lega a terra i progetti. Siamo parte di un sistema che seppur criticato e criticabile è la nostra casa. Può e deve essere migliorata ma non è possibile rinunciarvi a priori. Qualcuno dai banchi del governo spesso ripete che dopo le prossime elezioni, l’Europa non sarà più la stessa. Vero anche perché le spinte anti europeiste sono forti come il rischio che una vittoria delle forze politiche che guidano “la rivolta” anti Bruxelles possano squassare gli equilibri. In questo frangente è importante ribadire quanto non sia necessario e negoziabile un intervento strutturale, mentre va ridefinito il rapporto tra i diversi paesi, alcuni dei quali rappresentano il traino ed altri, loro malgrado, rilevano l’estrema difficoltà nello stare o sottostare alle regole dell’Unione.

Ed allora? Si tratta di tornare a riflettere. Forse una forza trasversale di forze europeiste nel nostro paese potrebbe rappresentare una valida alternativa all’attuale Esecutivo. Il cartello di governo ha gestito le esigenze di una quotidianità preoccupata dando all’emergenza soluzioni di emergenza. Così si è pensato, più alla legislatura che alle reali esigenze del paese. Ciò che ci vorrebbe adesso sarebbe una ricetta per i tempi normali che dia prospettive di sviluppo a tutto il paese, vedremo cosa accadrà con l’impressione che questa maggioranza possa sciogliersi come neve al sole appena concluso il compito che il programma di governo firmato all’indomani delle elezioni dello scorso anno sia stato appena appena concluso.