I computer del passato non sono andati mai veramente via

di Piero Giuseppe Goletto

In questi ultimi mesi sta succedendo una cosa curiosa che non ha mancato di stuzzicare la nostra attenzione perché merita interesse. Si stanno riproponendo alcuni gloriosi PC del passato quali il Commodore 64 e l’Amiga 500.

Tale riproposizione sembra incentrata – almeno dal punto di vista commerciale – sul tema videoludico, ma presenta l’interessante caratteristica di proporre sullo stesso dispositivo fisico più sistemi o più configurazioni e – almeno in un caso – mette a disposizione l’ambiente di programmazione.

Questa situazione è un fatto nuovo nel settore del retro-gaming e del retro-computing.

Il retro-gaming e il retro-computing non sono che il riprodurre  sulle macchine di oggi il funzionamento dei computer e i videogiochi del passato. Attività questa che ha due aspetti ugualmente interessanti.

Da un lato, infatti, consiste nel recupero di vecchie macchine per scopi storici, culturali o hobbistici: si prende un vecchio computer, lo si rende nuovamente funzionante, lo si espone o lo si mette in linea. Segnaliamo che a Torino opera il MUPIN, Museo Piemontese dell’Informatica, che è attivo in questo ambito. In Germania Cray Cyber gestisce un’esposizione di supercalcolatori Cray degli anni ’90.

D’altro lato il retro-computing può essere realizzato attraverso un emulatore, per mezzo del quale si riproduce sulla macchina ospite un altro sistema, che risiede in uno specifico applicativo.  

Si tratta di tradurre le istruzioni del microprocessore originale in quelle del microprocessore della macchina ospite. Ciò implica che il software sia in grado di riprodurre bene sia la gestione della memoria sia il funzionamento dei processori audio o video o dei dispositivi ausiliari, e non è cosa da poco.

Questo approccio è interessante perché porta allo studio delle acrobazie che vennero fatte dai progettisti per dotare di un sistema operativo i primi PC (i primi sistemi operativi stavano in 8 Kbytes o 16 Kbytes).  Studiare tali sistemi diventa un’occasione per conoscere storie molto interessanti, anche su un piano prettamente economico (la parabola di Commodore è particolarmente istruttiva in questo senso).

Tornando alla tecnologia, altro approccio viene realizzato tramite “macchine virtuali” o “container”. La macchina virtuale sta dentro un “ipervisore”, cioè un pezzo di sistema operativo che garantisce la coesistenza di più ambienti su una stessa macchina fisica. Una ragione validissima per utilizzare un ipervisore, peraltro, è legata alla protezione dei dati. Un container invece isola un programma in esecuzione assegnandogli specifiche risorse bloccando l’accesso al resto del sistema che lo ospita. Ipervisori, macchine virtuali e container sono infrastrutture software alla base dei servizi offerti dal Cloud.

Altra cosa rilevante a nostro avviso è che non esiste solo il retro-computing per i PC o le console da gioco del passato. Vengono recuperati tramite questa tecnica anche grandi sistemi come i Digital PDP-11, i Digital VAX o i sistemi IBM /370 o /390 e questi non sono giocattoli ma piattaforme professionali di altissimo livello; la disponibilità di siffatti emulatori rappresenta un’occasione enorme di apprendimento.

La lista di emulatori disponibile è quindi molto ricca e lunga.