Fusione a confinamento magnetico

di Piero Giuseppe Goletto

 Il progetto Commonwealth Fusion Systems, società creata dal Massachusetts Institute Of Technology che vede quale azionista principale l’ENI, ha concluso con successo il primo test al mondo su magneti con tecnologia superconduttiva HTS (HighTemperature Superconductors).

La tecnologia HTS si basa sulle scoperte che hanno portato Johannes Georg Bednorz e Karl Alexander Müller al Premio Nobel per la fisica nel 1987. Nel corso del test il magnete toroidale, dal peso di circa 10 tonnellate, raffreddato con elio liquido a una temperatura di circa – 253.15°C (20 gradi sopra allo zero assoluto) è stato energizzato con una corrente elettrica di intensità crescente, fino a 40.000 Ampere, per periodi di tempo prefissati e in diverse condizioni di funzionamento, sviluppando un campo magnetico di elevatissima intensità, fino a 20 tesla (T).

Tradotto in termini molto pratici: è stato costruito un magnete che è stato portato a temperature bassissime (molto vicine allo zero assoluto) e in questo magnete è stata fatta passare una spaventosa quantità di energia. Il magnete ha funzionato.

L’importanza di questa ricerca sta nel fatto che disporre di una fonte di energia completamente nuova e pulita consente effettivamente di “decarbonizzare”, cioè passare a fonti energetiche che non producono anidride carbonica perché non derivano da carburanti fossili.

Nel caso specifico parliamo di FUSIONE NUCLEARE. E qui ci sono molte cose che vale la pena spiegare.

supermagnete

L’energia atomica si può generare in due maniere: FISSIONE NUCLEARE e FUSIONE NUCLEARE. Fissione nucleare significa spaccare degli atomi e ha la conseguenza indesiderabile di creare atomi radioattivi, mentre la fusione nucleare consente di costruire nuovi atomi partendo da nuclei più piccoli. Questo secondo processo è quello che consente al Sole, così come ad ogni altra stella, di generare energia e presenta alcuni vantaggi considerevoli.

Si usa idrogeno. L’idrogeno è praticamente inesauribile. Nelle reazioni a fusione si userebbero di solito deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno. Un lago di medie dimensioni contiene deuterio sufficiente a rifornire una nazione di energia per secoli. Un ditale pieno di deuterio contiene l’energia di 20 tonnellate di carbone. Non sono possibili incidenti del tipo  di Černobyl' o di Three Mile Island perché il reattore non contiene uranio, pertanto neppure è possibile utilizzare i reattori per scopi bellici o terroristici

La fusione nucleare controllata offrirebbe la possibilità di produrre quantità illimitate di energia senza produrre gas nocivi e con limitate quantità di scorie radioattive che interesserebbero solo alcuni componenti del reattore a fusione che, tra l’altro, sarebbero rimpiazzabili con facilità e durerebbero quanto la centrale stessa (alcune decine di anni).

Tutto facile? No, c’è un enorme problema. La fusione nucleare si realizza solamente a temperature e pressioni spaventose. Il nucleo del Sole ha una temperatura di 15 milioni di gradi e a una pressione stimata in 250 miliardi di atmosfere. A questi livelli di temperatura e pressione la materia si trasforma e assume uno stato particolare, detto plasma, in cui protoni, neutroni ed elettroni sono separati e nel quale è possibile la fusione nucleare. Dati quindi due nuclei, uno di deuterio e uno di trizio, si formano nel Sole:

  • Un nucleo di elio (stabile, gas inerte, che può essere reinserito in altre reazioni)
  • Un neutrone, liberato dalla reazione
  • Un bel po’ di energia.

Per poter riprodurre la stessa cosa sulla Terra occorre realizzare dei reattori particolari. Le strade possibili sono due: il tokamak, cioè un reattore fatto a ciambella in cui il combustibile (deuterio e trizio) viene “stretto” entro un campo magnetico (confinamento) e “forzarlo” a trasformarsi in plasma e lo porta a temperature di centinaia di milioni di gradi, alle quali la fusione si innesca da sè; il reattore a confinamento inerziale, in cui si “bombarda” il plasma con raggi laser e ottiene lo stesso risultato.

Ecco a che serve il magnete: a confinare il plasma. Stringerlo. Strozzarlo. Portarlo alle “giuste temperature”.

Un progetto sperimentale di fusione con confinamento inerziale ha raggiunto il 2 ottobre 2013 al Livermore Labs il punto di pareggio: cioè ha restituito l’energia immessa nel sistema.

Un progetto importantissimo attualmente in corso – il cui reattore è in fase di costruzione – è ITER (Cadarache, Francia).  ITER sarà un tokamak.

ITER è un progetto internazionale cooperativo tra Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d'America, Corea del Sud e India. L’obiettivo di ITER è produrre una reazione di fusione per 60 secondi nella quale si immettono 50 MW di energia e se ne generano 500. Il primo plasma dovrebbe essere acceso nel dicembre del 2025.

ITER però non è ancora il prototipo di centrale di produzione di energia elettrica ma solo una macchina sperimentale destinata a dimostrare di poter ottenere le condizioni di guadagno energetico necessarie. Guadagno energetico vuol dire: il reattore produce più energia di quanta ne viene immessa per avviarlo. Metto 50 MW di energia e ne ottengo 500.

DEMO è il prototipo di centrale in fase di studio dagli stessi partecipanti al progetto ITER.

A Frascati si sta realizzando un altro reattore sperimentale basato sul concetto del tokamak: il Divertor Tokamak Test Facility.

Progetti di questo tipo hanno già adesso una forte ricaduta sull’industria. L’ultimo contratto ha assegnato alle industrie italiane commesse per 200 miliardi di euro tutte relative a componenti ad alta tecnologia e l’Italia ha ottenuto complessivamente 1 miliardo e 200 milioni di euro in commesse durante tutto il progetto. Le industrie che partecipano a questi progetti sono rese competitive nei settori a più alta tecnologia, che riguardano anche la gestione degli spaventosi flussi di energia in uscita dal tokamak.