Il libro dell’Abaco ci ha insegnato l’Aritmetica

di Piero Giuseppe Goletto

Fino al XVI secolo non esistevano i simboli algebrici, come noi li intendiamo oggi, e pertanto si usava uno stile discorsivo. Tuttavia esistevano le equazioni.

 Gli assiro babilonesi esprimevano le equazioni, ad esempio, in questo modo: «Lunghezza, larghezza. Ho moltiplicato la lunghezza per la larghezza ed ho fatto una superficie. Ho aggiunto alla superficie ciò di cui la lunghezza supera la larghezza e ciò fa 183. La lunghezza e la larghezza insieme fanno 27. Quanto sono la lunghezza e la larghezza?». La soluzione veniva presentata in questo modo: «Tu: per il tuo procedimento

aggiungi 27 al 183, fa 210. Aggiungi 2 al 27, fa 29. La sua metà è 14,5, il quadrato di 14,5 è 210,25; da 210,25 togli 210, rimane 0,25, la radice di 0,25 è 0,5. Aggiungi 0,5 al 14,5, fa 15, questa è la lunghezza. Togli 0,5, viene 14, togli quel 2 che avevi aggiunto, viene 12, questa è la larghezza».

 

Presentiamo questo esempio avendo presente che tutte le civiltà antiche presentavano questo tipo di problemi numerici, che ricordano molto quelli che si trovano oggi nei testi della Scuola Media.

 

Molto spesso la risoluzione di equazioni era legata fondamentalmente alla geometria. Ciò che noi oggi chiamiamo “algebra” era espressa con parole: ad esempio l’incognita veniva detta la “cosa”, il suo quadrato il “censo”, la sua terza potenza il “cubo”, e così via.

 

La lettura di queste opere è assai complessa: solo con l’introduzione del calcolo letterale si è reso disponibile uno strumento di semplice uso e che rende estremamente compatta insieme all’uso delle cifre indo-arabe.

 

Nel periodo dell’alto medioevo in effetti in Europa si usava il sistema di numerazione romano e i calcoli si facevano le operazioni con l’abaco. A partire dal 1100 gli europei vennero in contatto con gli arabi dell’area mediterranea e del medio oriente e con i bizantini dell’impero romano d’Oriente. Dobbiamo ricordare la figura di Leonardo Pisano detto Fibonacci. Egli visitò l’Algeria per conoscere i procedimenti aritmetici adottati dagli arabi, recandosi successivamente in varie località del bacino del Mediterraneo.

 Fondamentale, tra i libri che egli scrisse, è il Liber Abbaci, che aveva lo scopo di introdurre in Europa il sistema di numerazione indo-arabo e nuove modalità per effettuare calcoli. Fibonacci presenta tra le altre le regole per le quattro operazioni con i numeri interi; i criteri di divisibilità fino al 13; il calcolo con le frazioni; la successione numerica che porta il suo nome; non manca, ovviamente, l’applicazione pratica di questi concetti. 

 

Nel trattato d’Algibra, scritto da un anonimo maestro fiorentino d’abaco, vengono introdotte le moltiplicazioni tra monomi e polinomi e la risoluzione di 22 equazioni che sono presentate facendo ricorso al solo linguaggio naturale, pertanto senza fare ricorso alla simbologia algebrica.

 

Altra figura essenziale è quella di Luca Pacioli. Luca Pacioli non è soltanto il padre della contabilità e della ragioneria. Il metodo della “partita doppia” da lui creato si trova nel libro “Summa de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità” che è un compendio delle conoscenze matematiche dell’epoca, che rimangono legate a una grande varietà di applicazioni pratiche.