Le Compagnie di Ventura nel cuneese

di Alessandro Claudio Giordano

Cuneo ha rappresentato per molte guarnigioni che avevano superato i valichi alpini l’ultimo baluardo presidiato prima della pianura.

Questa è stata la causa di buona parte degli assedi: conquistare una città importante non solo per la sua connotazione territoriale, (rialzata su un terrapieno e difesa da due fiumi), ma anche per esigenze di carattere logistico militare. In realtà non furono solo eserciti, ma spesso compagnie di ventura e mercenari che approfittavano dello squasso di una battaglia o appunto di un assedio per organizzare delle scorribande predatorie. In una di queste, nel 1376 la comunità di Quaranta venne attaccata e distrutta. Questo sobborgo alle porte di Cuneo aveva due piccoli agglomerati, 'vetus' e 'iuvenis': uno pressappoco nell’area dell’attuale San Benigno, l’altro nell’Oltrestura. Dell’abitato dei due siti non rimase in piedi più nulla ed ovviamente gran parte della popolazione venne uccisa. Impossibile fare numeri. La sua nascita è collocata dagli storici tra il 1014 ed il 1018, quindi precedente alla fondazione di Cuneo.

Cuneo non ha mai avuto un esercito proprio. I controlli di sicurezza che rientravano in una sorta di quotidianità così come la difesa dei bastioni era demandata in genere ad un polizia sui generis, spesso organizzata con una chiamata di volontari che non erano per lo più attrezzati ai compiti previsti. Alla fine del trecento le compagnie di ventura soprattutto straniere, inglesi, francesi e catalane vennero a contatto con le popolazioni del Basso Piemonte questo a causa tendenza piuttosto diffusa dei comuni ad esonerare i propri cittadini dagli impegni militari affidando la gestione a professionisti esterni più pratici di armi. Si trattava di fatto di eserciti privati più o meno numerosi dediti alla guerra, il cui capo, di solito un nobile, stipulava con il comune un regolare contratto di 'condotta', con cui lui ed il suo esercito si impegnavano a servire la città, in pace ed in guerra, dietro un adeguato compenso. Di fatto i capitani di ventura erano veri e propri impresari di guerra. Nei comuni italiani, dove il notevole sviluppo delle attività artigianali, artistiche, letterarie ed industriali aveva, in qualche modo, allontanato la borghesia dallo spirito guerresco, si poteva porre rimedio, nel caso di un conflitto, assoldando questi condottieri che nulla avevano più di educazione nobiliare e si dedicavano soprattutto a violente scorribande. Nell’area che comprende il Cuneese, il Monferrato ed il Canavese si muovono due personaggi importanti a capo di milizie irregolari. Due le compagnie importanti che mossero. La prima era capitanata da un inglese di nobile discendenza, John Hawkwood, il cui nome in latino era “Johannes Acutus” italianizzato in lingua volgare “Giovanni Acuto”. La sua carriera si sviluppò inizialmente in Francia, spostandosi nella Champagne per poi passare in Borgogna fino a giungere vicino ad Avignone, dove si trovava Innocenzo VI. Durante la permanenza vicino alla sede papale, sequestrò Pont Saint Esprit per alcuni mesi bloccando di fatto la raccolta in detta dal Papa, delle tasse per pagare il riscatto per la liberazione di re Giovanni. Questa impresa irritò molto il Pontefice; prima gli chiese di lasciare la città, poi non avendo ricevuto risposta, scomunicò la Compagnia. Scappato e superate le montagne entrò in Piemonte, venne ingaggiato dal Marchese di Monferrato; Giovanni Paleologo per combattere contro Amedeo VI di Savoia detto “il Conte Verde” senza attendere l’autorizzazione del Santo Padre. Giunto a Lanzo Torinese sorprese e battè il Savoia facendolo prigioniero. Il Conte per liberarsi e riacquistare le città cadute in mano al nemico, dovette pagare una cospicua cifra di riscatto. Durante la sua attività. guadagnò parecchio denaro. Si racconta che in trent’anni abbia incassato da un minimo di 6.000 ad un massimo di 80.000 fiorini d’oro all’anno, divenendo in breve tempo ricchissimo. Ovviamente sempre pronto a cambiare schieramento, per chi lo pagava meglio. La seconda Compagnia era capitanata da Giovanni III di Armagnac, nobile anch’egli, ma francese ebbe modo di farsi conoscere nel cuneese. Assoldato per scendere in Italia e combattere Galeazzo Visconti. lI conte di Armagnac, con diecimila uomini, passò il 17 giugno il colle della Maddalena e scese per valle Stura. Giovanni III di Armagnac non era un cavaliere sconosciuto o poco conosciuto. Godeva dell’appoggio del duca di Orleans, signore di Asti e protagonista nel Piemonte del Sud, dove a Savigliano aveva affrontato vincendo il principe Ludovico di Acaia. Cuneo all’epoca era una roccaforte militare una non potè fermare il passo della Compagnia, ma la attese, costringendola sulla sinistra dello Stura e la battè.  Guidate dal capitano Francesco Bollero furono create tre guarnigioni ed assunti soldati provenzali ed ungheresi. Un’armata raffazzonata, che le cronache del tempo ricordano comunque attrezzate con balestrieri ed armigeri a piedi ed a cavallo. Le ambizioni di Giovanni, almeno inizialmente erano legate alla creazione di un mini stato francese proprio alle pendici dell’arco alpino italiano. Lasciò Cuneo, evitò Fossano e Morozzo e si diresse verso l’astigiano. Morì ad Alessandria qualche tempo dopo sembrerebbe avvelenato. Il vero problema per il circondario di Cuneo fu legato al fatto che Compagnia di ventura di Giovanni si divise in più gruppi e bande che però misero a ferro e fuoco l’intera area. Due erano i capitani, Giovanni Dudain e Motino de la Pezza, che presero possesso e fortificarono S. Maurizio di Cervasca, che divenne la loro base. Le cronache dell’epoca raccontano di scorribande e scontri a Cuneo sempre rintuzzati. Nel 1399, dalla Francia arrivò la Compagnia dei Guasconi col conte Bernardo di Armagnac, che posò a gran signore e sposò in Piemonte la madre di Amedeo VIII. Nel 1400 la peste, contaminò Pietraporzio, Sambuco, Borgo, Cuneo. La costante di Cuneo nel tempo e durante tutti gli assedi fu la presenza di uomini stranieri tra le fila del suo piccolo esercito: soldati di ventura che fecero però spesso le fortune cuneesi aiutando nella difesa della città e contribuendo anche alla sua crescita. Nota a margine ed a conclusione. Cuneo è sempre stata città libera ma sempre governata in collaborazione con entità straniere. Il merito è sempre stato di preservare tradizione storica ed identità. Due condizioni che come detto hanno reso i cuneesi liberi.