Giuseppe Barbaroux il cuneese che cambiò i codici albertini

di Alessandro Claudio Giordano

 Chiunque abbia passeggiato per le strade di Cuneo ha avuto occasione di visitare Piazza Galimberti, un tempo Piazza Vittorio e lì di incontrare Giuseppe Barbaroux, o meglio la sua statua che lo celebra nel salotto buono di Cuneo.La famiglia Barbaroux era in parte di origini francesi. 

Il padre commerciante di tessuti era arrivato a Cuneo nel periodo che pressappoco coincide con l’assedio del 1744 (quello guidato dal Baron Litron per intenderci. La madre era invece figlia di un noto medico cuneese. Giuseppe nacque nel 1772 nella via che oggi porta il suo nome. E conclusi gli studi venne inserito nell’amministrazione sabauda. Intanto come ambasciatore del Regno di Sardegna presso la Santa Sede riuscì a risolvere una difficile controversia legata agli degli espropri operati dagli stessi Savoia e da Napoleone a danno della Chiesa poi cercò di osteggiare il progetto austriaco della “lega postale”, oltre ad impegnarsi perché Cuneo diventasse sede di Diocesi. Negli anni successivi Barbaroux collaborò con il re Carlo Alberto per la stesura dei codici albertini. Si trattava in buona sostanza di rivedere i codici civile, penale e commerciale. Il suo fu un compito tutt’altro che facile. Riuscì a svecchiarli di quelle regole, le più in riferimento a codici feudali che avevano determinato caos legislativo e provocato farraginose soluzioni. Era riuscito da Ministro della Giustizia a dare quella sferzata per molti così importante. Al di là dell’auspicato risultato finale, quella riforma fu il compito difficile più difficile che dovette negli anni affrontare. Ne uscì guadagnandosi molti nemici pronti ad attaccarlo. Nonostante fosse tacciato di essere un ultra conservatore dai riformisti e ultra riformista dai conservatori, non si piegò neppure di fronte alle accuse più sprezzanti. Diremmo che non si fece condizionare e tirò dritto cercando di costruire una riforma il più possibile moderna per i tempi. La riforma trattava temi importanti e nel contempo poco dibattuti in quell’epoca: il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e le libertà fondamentali di ogni democrazia, e fra tutte la libertà di iniziativa privata che consegnò al paese al progresso economico.  I codici albertini cambiarono il regno, aprirono la strada alla rivoluzione industriale e furono la premessa indispensabile per la promulgazione dello “Statuto Albertino” e quindi per la trasformazione dello Stato da monarchia assoluta a monarchia costituzionale. Barbaroux era un democratico ante litteram. Possedeva una profonda cultura giuridica che si fondava sulle basi dell’esperienza rivoluzionaria francese ed inglese e questo gli consentì di anticipare i tempi. Nel 1837 terminò la riforma della parte civile e fece promulgare lo Statuto Albertino, introducendo modifiche al codice civile che si ispiravano al Codice Napoleonico. Un paio di anni più tardi, nel 1839, concluse la riforma del codice penale e nel 1840, portò a termine quella del codice penale militare. Mai nessuno avrebbe ipotizzato un intervento così radicale e rapido. Oggi diremmo che quella riforma in parte non venne capita costò comunque a Barbaroux oltre che le calunnie, un attacco diretto alla figura politica. Così di lì a qualche mese, provato ed amareggiato si dimise da tutti gli incarichi mantenendo solo la presidenza della commissione istituita per rivedere il codice commerciale, ultima fatica che portò definitivamente a termine nel 1842.

Ormai convinto di essere mal voluto dai più ed osteggiato nei suoi progetti, Barbaroux si suicidò l’11 maggio del 1843 gettandosi da una finestra della sua abitazione di Torino (all’odierno numero 29 di via Barbaroux, che dal 19 giugno 1860 gli venne dedicata dal comune).

In realtà come già sottolineato Barbaroux è stato uno dei più importanti politici che ha servito Casa Savoia e che dallo scudo sabaudo non ha avuto pressoché nulla. Neppure una difesa d’ufficio nei momenti più bui. In compenso a Torino la via dove abitava e dove si suicidò a preso il suo nome. Mentre a Cuneo che gli diede i natali ospita una statua che in mezzo a Piazza Galimberti lo celebra. Un tributo importante per un cuneese importante