Le vacanze dei Savoia in Valle Gesso

di Alessandro Claudio Giordano

Alcuni anni orsono una notizia da rotocalco aveva animato la valle Gesso. I reali del Belgio, Sua Maestà Filippo, la consorte la Regina Matilde ed i loro quattro figli erano stati visti la domenica nella zona del Rifugio del Valasco (1764 metri) ed il giorno successivo al Rifugio Questa (2388).


Il Parco delle Alpi Marittime per qualche giorno aveva riassaporato, seppur celata dal massimo riserbo, la regalità passata. Già perché tutta l’area della valle Gesso ha sempre rappresentato un legame storico con una più vicina casata, quella sabauda.
Già perché nell’estate 1855 Vittorio Emanuele II visitò la vallata e se ne innamorò. Casa Savoia strinse un accordo con il comune di Valdieri per l’acquisizione di alcuni terreni ad uso privato di caccia e pesca. Nacque così un rapporto di forte amicizia con l’intera vallata. I suoi abitanti perdevano buona parte delle aree adibite appunto alla cacciagione ma era una rinuncia più che giustificata. Il re infatti fece ripristinare sentieri strade carrozzabili, costruire le Terme, alcune Casedi Caccia e piccoli ricoveri che a differenti quote servivano come base intermedia per raggiungere i Rifugi ed una volta dismessi, vennero utilizzati come riparo dei pastori nella stagione degli alpeggi.


Molta parte della popolazione venne convolta: dagli artigiani a chi effettuava servizio di manutenzione viaria, a chi lavorava nei campi o era addetto a lavori di carattere edile o ancor più, lavoro ambitissimo guardia caccia. E per chi era davvero indigente e senza un lavoro provvedeva il Re, la domenica. Si racconta infatti di come la famiglia reale dopo aver partecipato alla Messa domenicale a Sant’Anna di Valdieri come atto di generosità distribuisse pezzi d’argento.
L’iniziativa era di Vittorio Emanuele II ed era stata tradotta in un puntuale appuntamento che si rinnovava di settimana in settimana.
Così nelle casse molto povere dei Comuni della zona piovvero letteralmente dal cielo, lire, lire tantissime lire, da affitti per alpeggi, versamenti una tantum per il recupero della rete viaria, bonus per i militari di stanza lì. I Savoia si distinsero in questo per essere i mentori di una vallata.
Tre le residenze fatte costruire dai Savoia che più rappresentano il periodo.
A metà degli anni ’60 del ‘800, venne costruita in un’area al centro di una abetaia e sulla sponda del fiume Gesso, la Palazzina Reale che accoglieva i reali ed i loro ospiti ed il personale di corte. nelle estati cuneesi. Questa era la residenza (oggi privata) per eccellenza e qui non mancava davveronulla: una cappella privata, le scuderie, cucine attrezzate anche con una ghiacciaia, spazi per riposo e svaghi.

Invece a San Giacomo di Entracque, tra i faggi, ecco una palazzina di caccia particolare, fatta costruire da Vittorio Emanuele II nel 1875 e composta da un corpo centrale a pianta quadrata e da due ali laterali simmetriche, poco lontano ecco la vecchia Caserma Principessa Elena che ospitava scuderie reali, selleria e fienile.

La costruzione che affascina forse di più è la palazzina del piano del Valasco. La residenza venneprogettata nel 1868 per ospitare i soggiorni prolungati della corte e rappresenta una novità anche daun punto di vista architettonico e paesaggistico. La Casa è situata in mezzo ad un pianoro tra ilverde e le montagne, non ricorda per nulla i palazzi merlati delle residenze sabaude del torinese. ma
aè forse tra le residenze quella più amata da Vittorio Emanuele II. Nel tempo questa palazzina sarà prima abbandonata, poi destinata al ricovero di soldati e margari, incendiata più volte e poirestaurata e recuperata.
 Il merito dei Savoia è anche quello di aver proposto una modalità architettonica nuova ed innovativa Come per quella delle terme, degli chalet e delle altre residenze reali, esprime un’idea di montagna ben diversa da quella abitualmente vista nel cuneese, più vicina al concetto mitteleuropeo già visto in terra asburgica ed internazionale.
Il Mercantour ad esempio era terreno di caccia del Re, sentieri e natura che si estendevano scollinando tra Italia, la valle Gesso e Francia, recuperato per strade e sentieri proprio da un intervento massivo di recupero richiesto.

Ricordavamo prima che i Savoia scelsero la Valle Gesso per farne terra di soggiorno e di caccia. Già tutti erano bravi cacciatori. Vittorio Emanuele II viene ricordato come un gran camminatore ed un ottimo tiratore. Era un abituale frequentatore della vallata ed è stato il mentore dello sviluppo della Val Gesso. Umberto I, amava la caccia, ma non troppo le passeggiate piuttosto scomode sui tracciati montani. Per questo non fu un assiduo “turista della vallata”. Vittorio Emanuele III, si recava a Sant’Anna di Valdieri non tanto per cacciare quando per la benefica aria che si respirava ed i soggiorni per l’ultimo Re d’Italia superavano abbondantemente il mese e più. Il Re non cacciava poco e soprattutto fagiani. Essì molti camosci erano stati abbattuti nelle stagioni venatorie precedenti il suo mandato, così da bloccarne la caccia.


In Val Gesso non si cacciava solo, ma anche si pescava anche ed ancor oggi si racconta della passione della Regina Elena che vi si dedicava alcune ore al giorno attraversando torrenti organizzata con canne, esche ed ami e del suo coraggio, nell’estate del 1925 presso le Terme di Valdieri, si fece legare ad un albero per poi farsi calare alla base di un bacino di una cascata. Al di là delle chiacchiere e del costume è importante ancora una volta sottolineare quanto sia stato decisivo l’arrivo dei Savoia in vallata povera come povera era la tutta la campagna montana del cuneese, tanto da rivitalizzare l’intera economia. Potremmo parlare della Val Gesso come primo esperimento di turismo d’elite. Ovvio ai tempi accessibile solo ad un rango diverso e “reale” ma di cui ha beneficiato l’intera vallata. A distanza di anni è partito, tra molte difficoltà, un piano di recupero conservativo e rilancio dell’intera area: il Valasco ad esempio ed ancora prima le Terme in un’area di prospettiva turistica. Il problema oggi rimane il sistema viario ed i collegamenti dalla valle sempre attesi, con la vicina Francia rappresentano una barriera invalicabile e sinceramente con poche prospettive di realizzo, come è stato per il Tunnel del Mercantour. Così di tanto in tanto mi pare interessante ragionare su come venivano organizzati e strutturati gli interventi decenni orsono cercando di capire perché oggi con la meccanica e la progettazione avanzate non se ne realizzano di migliori. Così ci resta un poco di amaro in bocca perché in fondo stiamo celebrando legittimamente atti di un secolo e più fa…ed da allora abbiamo fatto poco, davvero poco per migliore.

* CARTOLINE ORIGINALI PER GENTILE CONCESSIONE DI AIME FRANCESCO