Lo schianto del COMET SAR-7 in Valle Gesso

di Alessandro Claudio Giordano

In un periodo di grande sviluppo come quello vissuto dall’Italia dei primi anni sessanta, i rotocalchi seguivano con gran interesse la quotidianità di personaggi importanti del jet set mondiale, dando spesso spazio ad angoli spesso poco conosciuti del paese.

La tempistica e la puntualità delle notizie era declinata agli strumenti in possesso dei reporters dell’epoca. E per alcune settimane la valle Gesso fu al centro dell’attenzione internazionale. Così la notte del 23 marzo 1963 più o meno verso le 3.00 del mattino un Comet SAR-7(un aereo all’avanguardia per i tempi) da 78 posti di proprietà del Re Ibn Saud d’Arabia, che proveniva da Ginevra e diretto a Nizza, si si schiantò sotto la Punta Bifida (una cima alta 2737 metri nella catena delle Guida poco lontano dal Corno Stella). I rottami dell’aero caduto si sparsero per centinaia di metri attraverso tre valloni (il Souffi, il Lourousa e l’Argentera). Il bilancio della tragedia fu di diciotto vittime. A scoprire i resti dell’areo furono alcuni valligiani. In seguito il forte maltempo impedì ai gruppi di ricerca di accedere alla zona dello schianto, così solo il 1° maggio il Soccorso Alpino riuscì ad ultimare le operazioni di recupero (dei corpi, la stiva dove erano riposti bagagli e pare parecchi gioielli).

 

Da un punto di vista tecnico il velivolo aveva già effettuato più voli su quella tratta ed addirittura tre in quel giorno sempre trasportando famiglia reale ed il suo seguito). Certamente le condizioni atmosferiche furono la causa determinante dell’incidente, anche se non è mai stato appurato l’eventualità dell’errore umano. Nei giorni successivi l’intera vallata fu presa d’assalto da cronisti provenienti da tutto il mondo e da molti curiosi, tanto da far ricordare ai più longevi e di buona memoria tra i valligiani che neppur ai tempi delle vacanze reali, tanta gente si era mossa verso la montagna. Come in tutte le storie che si confondono tra cronaca e rotocalco spunta un tesoro nascosto o trafugato. Essì parrebbe infatti che i gioielli nella stiva fossero stati sottratti dall’aereo ancor prima dell’arrivo delle autorità. Ovvio si tratti di buona fantasia e di fatto alle illazioni non ci fu seguito. Come già ricordato la forte nevicata di quel 23 marzo fu causa dell’incidente va però ricordato anche che il tratto di rotta dell’aereo, puntando verso il mare, passa su una diagonale in cui il volo è praticamente costretto tra cime che vanno dai 2000 a 3500 tragica del  e questo in condizioni di maltempo con le tecniche di volo di sessant’anni sembra davvero molto difficile. Ci sono altri schianti, meno celebri in questa zona tanto che alcuni anni fa è stata inaugurata nei pressi della Cappella di San Giovanni alle Terme di Valdieri una stele commemorativa per tutti i caduti delle sciagure aeree delle Alpi Marittime, ben novantatre dal 1943 ad oggi. Tanti diremmo, ma forse con le nostre tecniche di volo i più sarebbero stati evitati. Quella del Comet SAR-7 resta una pagina tragica di cronaca cuneese, dimentica o ai più sconosciuta che ha reso per qualche giorno celebre una vallata abituata però più alle salutari passeggiate della corte sabauda in vacanza estiva.