Cuneo e la rete ferroviaria della Granda

di Alessandro Claudio Giordano

“…in Inghilterra non esistono più distanze. Le comunicazioni anche tra città lontane, come Londra e Liverpool, sono diventate più facili che tra quartieri diversi della stessa città.

La posta parte da Londra due volte al giorno per quasi tutte le direzioni.” Così scriveva nel proprio diario Camillo Cavour uno tra i pochi politici che poco prima della metà dell’ottocento aveva intuito l’importanza di una rete ferroviaria organizzata. Secondo le sue idee lo sviluppo del paese avrebbe dovuto passare per una forzata rivoluzione dei trasporti. Camillo Benso conte di Cavour affidava alle ferrovie lo stimolo per l’economia e al tempo stesso l’elemento in più per un importante progresso. Ed un suo libro “Des chemins de fer en Italie”, pubblicato nel maggio 1846 sulla parigina Revue nouvelle rappresenta la dimostrazione della chiarezza della visione cavouriana in tema di ferrovie e la sua completa capacità di padroneggiare la materia. Nel suo pensare l’Italia era un obiettivo a lunga scadenza. Nell’immediato c’era il Regno Sabaudo. Cuneo allora era una città in espansione, ma di confine, tutta l’area del cuneese rappresentava uno snodo importante del progetto, ma nulla più. Per programmare una rete ferroviaria serviva personale tecnico capace di mettere giù progetti ambiziosi. Per questo motivo diventava indispensabile affrontare il tema su due differenti livelli. Il primo era la possibilità di poter disporre, di un personale tecnico in grado di realizzare i programmi di sviluppo di una rete ferroviaria. Il secondo era lo sviluppo di un’adeguata capacità questa volta dell’imprenditoria a cambiare mentalità occupandosi di un progetto per lo più sconosciuto in termini di realizzazione e di costi per l’epoca. Oltre a questo era importante affrontare l’istruzione degli appalti per la costruzione dei tronchi delle linee statali, cui si sommò la costituzione di un’azienda ferroviaria di Stato, capace di gestire, con risultati economicamente incoraggianti, le linee via via approntate. Le regie patenti emanate nel 1844 da Carlo Alberto ebbero il merito di introdurre il Piemonte in un’era ferroviaria di grande sviluppo. Venne affidata agli uffici tecnici statali l’analisi delle linee principali e l’impatto sul territorio. L’ingresso dello Stato nella questione ferroviaria venne ribadito ancora ribadito dalla scelta del Re nel conferire al potere pubblico la realizzazione della linea più importanti ad esempio, lasciando viceversa all’iniziativa privata ai tratti minori. In buona sostanza degli ottocentocinquanta chilometri di ferrovie costruiti in epoca preunitaria nel Regno sabaudo, duecento settantasei appartenevano allo Stato, quattrocento quattro erano suddivisi fra dodici compagnie concessionarie e centosettanta costituivano il patrimonio della Vittorio Emanuele, fondata nel 1853 al fine di collegare il Piemonte con la Savoia, la Svizzera e la Francia. In conclusione, anche per il contributo offerto da Cavour. Così il Piemonte fu l’unico Stato italiano ad allinearsi, in quanto a politica ferroviaria, alle scelte delle maggiori potenze europee. I valichi alpini hanno sempre rappresento una sfida importante ed in una realtà come la Granda che prestava il fianco orografico alle Alpi. Così come per Cuneo che ha da sempre dovuto superare un problema importante legato ai collegamenti ed il sistema viario continua ancor oggi ad avere limiti più o meno discussi. Diremmo però che verso la metà dell’ottocento, la provincia Granda scoprì il treno come mezzo di collegamento per tratte più o meno brevi. Cuneo, secondo gli esperti dell’epoca avrebbe rappresentato uno snodo importante per la Francia ed un eventuale collegamento attraverso il valico alpino verso Nizza. Ne è prova l’insistenza con la quale il Re Vittorio Emanuele II chiese a più riprese a Cavour una soluzione per collegare il Piemonte a Nizza.  E’ di quegli anni anche il progetto del Traforo del Frejus. I lavori iniziarono nel 1857; la galleria principale, lunga 13,6 km, venne inaugurata il 17 settembre 1871. Il primo treno impiegò tra le due estremità del traforo 40 min, a fronte delle 12 ore circa necessarie per strada. Per quanto riguarda invece il collegamento verso la Roya nel 1853 venne presentato al Parlamento sabaudo un primo progetto che fu accolto piuttosto tiepidamente probabilmente perché nel rapporto costi ricavi pochi sarebbero stati i benefici. Gli studi per la realizzazione del progetto proseguirono sino al 1856.

Gli accordi con la vicina Francia per la cessione di Nizza alla parte francese resero tutto inutile. Continuarono comunque a circolare idee e progetti, senza avere però un impatto diretto sulla politica dell’epoca. Nel 1879 venne trovata con Ventimiglia una soluzione alternativa che la spuntò su un collegamento più difficile tra Ceva ed Oneglia, transitando per Ormea. Per contro la Francia già nel 1872 inaugurò la tratta che collegava tutta la Costa Azzurra da Ventimiglia e Nizza sino a Marsiglia. Dieci anni più tardi iniziarono i lavori per il collegamento con Tenda, allora primo comune italiano, della valle Roya (Breil sur Roya, Saorge e Fontan erano francesi). Gli studi si protrassero dal 1856 fino al 1895; il primo progetto per collegare Cuneo a Nizza venne vanificato dalla cessione di quest'ultima alla Francia nel 1860, ma il progetto continuò a circolare in entrambi i paesi. I sostenitori di un ulteriore collegamento tra Piemonte e Liguria ripiegarono su un collegamento con Ventimiglia, inserito nella tabella B della legge Baccarini approvata dal Parlamento italiano nel 1879; parte notevole di questo risultato fu dovuta a Giuseppe Biancheri, che sostenne la proposta in concorrenza con l'alternativa Ceva-Ormea-Oneglia (da cui sarebbe nata la ferrovia Ceva-Ormea). Per quanto riguarda la linea fu attivata in più riprese fino Robilante (16 luglio1887), Vernante (1°settembre 1889), Limone (1°giugno1991) e, terminata la Galleria ferroviaria del Tenda, di mt 8.099, il primo ottobre 1900 la ferrovia raggiunse Vievola. Nel 1904, firmata la convenzione tra Italia e Francia, iniziarono i lavori in Valle Roya, che avanzarono a rilento e con molte interruzioni, fino all'inaugurazione il 31/10/1928, con l’esercizio assunto dalle Ferrovie dello Stato e dalla PLM (Paris-Lyon-Méditerranée), a trazione elettrica 4500Vca, tra Cuneo e Ventimiglia, permettendo il transito dei treni merci. La linea inaugurata nel 1928, risultò una delle più grandi opere di ingegneria realizzata in Europa. La tratta Cuneo Nizza rappresentava anche un tributo a paesaggio, una corsa tra gole e montagne accompagnate da fiume Roya. Cuneo aveva lo sblocco naturale verso il mare. Veniva così colmata una lacuna vecchia di decenni. Cuneo aveva negli anni già provveduto ai collegamenti importanti con le città più vicine. Ad esempio la linea di Mondovì aperta tra il 1887 ed 1888, oppure la linea che collegava Saluzzo - Savigliano - Cuneo nata dall'unione di due infrastrutture concepite in tempi diversi e inaugurate nel 1857 e nel 1892. La Cuneo Torino porta con se una singolare particolarità perchè si tratta della prima concessione, ottenuta nel 1850 da una società ferroviaria privata, per la costruzione di una ferrovia nel tratto tra Torino e Savigliano. Due anni dopo, nel 1852 la stessa società ottenne l'autorizzazione a proseguire la costruzione fino a Cuneo e a realizzare una diramazione da Savigliano a Saluzzo. Il treno arrivò a Cuneo nell'agosto del 1855 Nel 1869 la linea Torino-Cuneo venne poi assegnata alla Società per le Ferrovie dell'Alta Italia (SFAI) che chiuse le officine che avevano sede lì. Dieci anni dopo il sindaco di Savigliano, firmò un protocollo d'intesa con la SFAI allo scopo di consentire la rinascita della fabbrica. Così il 17 luglio 1880 nacque la Società Nazionale Officine di Savigliano con sede legale a Torino e sede amministrativa e produttiva con stabilimento a Savigliano nei locali della vecchia officina. Come già accennato Cuneo e l’intera Granda avevano la necessità di crescere. L’ottocento pre industriale aiutò molto perché venne assicurata con molti collegamenti una continuità commerciale di importanza vitale per un’economia povera e per lo più agricola. Gli anni successivi tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento saranno anche di uno sviluppo viario ma questo interesserà in forma minore l’area cuneese che lotterà ancora decenni per guadagnarsi spazio. Il futuro? Nostro malgrado la globalizzazione e lo sviluppo sempre più forte di agglomerati urbani a danno delle città intese nella forma più classica cambieranno anche i sistemi di trasporto e l’identità delle città, se in meglio o in peggio è difficile da prevedere. Certo è che molto verrà messo in discussione probabilmente anche l’utilità del treno, un tempo fondamentale per i trasporti passeggeri e merci oggi un poco desueto.