Gundam - prima parte

di Piero Giuseppe Goletto

Robert Heinlein non immaginava di sicuro che il suo romanzo profondamente antimilitarista Fanteria nello spazio potesse diventare la base per una serie robotica giapponese. Eppure è questa la fonte di ispirazione di Tomino Yoshiyuki, che in Mobile Suit Gundam fa una cosa del tutto nuova: portare in primo piano l’uomo e la sua psiche e introdurre un taglio realistico e credibile.

Gundam racconta di una guerra mondiale in cui l’aggettivo “mondiale” si riferisce alla Terra, alle colonie spaziali e alle stazioni spaziali orbitanti. La Federazione Terrestre, un governo mondiale abbastanza corrotto, è in un conflitto quasi continuo con il Principato di Zeon delle colonie indipendenti. Abbiamo pertanto vere e proprie nazioni, con un’ideologia e una visione del mondo non compatibili. Meglio: non è possibile individuare in modo manicheo un buono e un cattivo perché entro ogni nazione belligerante vi sono fazioni e posizioni eterogenee. Se esiste una divisione questa è tra innocenza e corruzione. L’umanità  non impara dagli errori del passato, compie stragi terribili

Amuro Ray, il protagonista (pilota di Gundam) è un adolescente problematico ed è un newtype, ossia un giovane il cui codice genetico è stato modificato e potenziato. Una sorta di cavaliere Jedi se vogliamo.

Nella storia Amuro è sottoposto a pressione psicologica e ritmi insostenibili e da ragazzo pauroso subirà traumi così devastanti da trasformarlo in un uomo spietato e non sarà il solo.  Questa è infatti la storia di adolescenti costretti a diventare di colpo adulti e difendere “la loro gente” (convenzione essenziale di questo tipo di storie è che il pilota del Mobile Suit difende perché attaccato). 

La storia è presentata dal punto di vista di entrambe le fazioni belligeranti e allo spettatore viene costantemente rammentata l’umanità dei combattenti. Qui non ci sono alieni. Non ci sono i veghiani che invadono la Terra, non c’è Himika, non c’è Raflesia. C’è invece un elemento del tutto nuovo nella figura del robot, progettato certamente per il merchandising (e vale la pena approfondire il tema); ma Gundam introduce il concetto di “real robot”.

Siamo dentro un tipo di fantascienza che persegue verosimiglianza e credibilità pertanto nel franchise Gundam (che è enorme e costituisce una vera e propria space opera) i robot  vengono prodotti in serie, alti circa 20 metri (Goldrake, per confronto, sarebbe alto 30 metri, ma vi sono super robot alti fino a 120 metri, comparabili quindi con l’Apollo 11). Per di più, i robot si rompono, finiscono le munizioni, dopo ogni combattimento la manutenzione è lunghissima.

Robot… veramente Gundam nasce come esoscheletro, ecco il perché del riferimento a Heinlein; nelle opere di quest’ultimo si indossano le “tute potenziate” che sono praticamente scafandri robotizzati, con sensori e servomeccanismi.

Nella tesi Inside the Boy Inside the Robot: Mobile Suit Gundam and Interiority di John D. Moore, si fa notare che il realismo del robot viene evidenziato attraverso l’illustrazione del suo funzionamento meccanico, e che la credibilità dell’ambientazione viene resa citando concetti pubblicati dalla NASA nei primi anni 70 e facendo riferimento a concetti fisici reali (ad esempio, le stazioni spaziali sono collocate nei punti lagrangiani, come è stato sinora fatto nella realtà per alcuni satelliti scientifici).

Siamo di fronte a una serie con accenti pessimisti che vuole stimolare a porsi la domanda “perché gli uomini continuano a farsi la guerra”?

Abbiamo citato Heinlein e le sue fanterie spaziali ma Y. Tomino non poteva non conoscere (e tenere presente) anche i romanzi di Asimov, in particolare il ciclo dell’impero – con riferimento alla ribellione delle colonie – e il ciclo della Fondazione, data la presenza di intrighi politici e operazioni di spionaggio.